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150 anni di paradiso

Di Nicola Antonio Perone

150 anni di paradiso

«Cum enim in vigilia Nativitatis Domini anno 1872 ad ecclesiam S. Andreae Apostoli de Hortis se conferret, curru quodam est obtritus. Sacramentis Ecclesiae refectus et Benedictione Summi Pontificis recreatus, die 12 mensis Ianuarii anno 1873 e vita migravit.
Pius IX, obitus nuntio accepto, ad astantes dixit: “Audistis Ioannem Merlini, moderatorem generalem Missionariorum Pretiosissimi Sanguinis, esse demortuum. Fuit praeclarus Servus Dei; sane magnum damnum capimus ex amissione huiusmodi hominum, qui tantum valent apud Deum”.
Hoc praeconium Summi Pontificis temporum decursu non est extenuatum, sed adhuc vim suam obtinet totam. Ioannes sacerdotibus, qui nunc sunt, exemplo praelucet germani sacrorum administri, utpote qui fidelis fuerit Christo eiusque Ecclesiae, vitam interiorem duxerit eximiam, amore animarum arserit» (Acta Apostolicae Sedis, Roma 1973).

Piuttosto che riportare una lettera scritta dal nostro don Giovanni, stavolta si è preferito condividere con voi lettori uno stralcio in lingua originale latina del decreto riguardante le virtù eroiche con il quale il papa san Paolo VI assegnò al Merlini il titolo di Venerabile. Quest’anno infatti, a distanza di cinquant’anni dalla sua promulgazione avvenuta il 10 maggio 1973, ricorre anche il centocinquantesimo anniversario della morte di don Giovanni, nato al cielo il 12 gennaio 1873. Il passo estrapolato dal decreto sulla venerabilità del Merlini e sopracitato in latino, riporta proprio la descrizione degli ultimi momenti della sua vita, ripercorrendo le dinamiche della morte e la successiva fama di santità che sin da subito si diffuse in tutta Roma e fuori dall’Urbe.
Come scritto nel documento, il giorno della vigilia di Natale nel 1972, mentre il Venerabile si recava a pregare la Madonna nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte, fu investito da una carrozza in corsa, e le conseguenze di tale incidente lo condussero in breve tempo a lasciare questa vita. Le dinamiche di questo avvenimento restano ancora oggi incerte, dato che non pochi ritennero che il cocchiere del veicolo, anticlericale e vicino all’ambiente massonico, avesse travolto appositamente il sacerdote, mettendo così a tacere la voce di un anziano sacerdote che ormai tutti definivano “il santo dei Crociferi”.
Se dunque la vita di don Giovanni fu interrotta a causa di questo tragico evento, non si arrestarono l’affetto della gente che lo conosceva e l’odore di santità che durante la sua vita aveva diffuso attraverso il suo carattere mite, riservato e meticoloso, e il suo operare instancabile e paziente.
Leggiamo infatti nel decreto che il giorno seguente la morte del Venerabile, non appena il beato Pio IX venne a sapere della morte di don Giovanni, si rivolse ai membri della Congregazione dei Riti riunita per la canonizzazione del beato Labre: «Avranno intesa la morte di don Giovanni Merlini, superiori dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Era un gran servo di Dio ed è un gran dono per noi la perdita di queste persone, che tanto possono al cospetto di Dio».
Vediamo dunque come i santi tra loro siano legati in comunione da una visione della vita costantemente illuminata dalla luce della Risurrezione. Il venir meno di un caro amico non è per il papa una tragedia, ma tutt’altro, è un dono, perché ha acquistato un potente e santo intercessore al cospetto di Dio, e la consapevolezza di aver trovato in don Giovanni una presenza amica in paradiso, ci è giunta sino ad oggi, a 150 anni dal suo passaggio al regno dei cieli.
Nell’attesa fiduciosa dell’ultimo e definitivo riconoscimento del miracolo ad opera dei vescovi e dei cardinali, non può non farsi più intensa la nostra preghiera nel chiedere l’aiuto, la vicinanza e l’accompagnamento di don Giovanni, cogliendo il centocinquantesimo anniversario della sua morte come un’occasione per riscoprire questa figura di santità, tanto lontana storicamente, ma vicina e straordinariamente attuale nella sua spiritualità e nel suo esempio di umile operosità creativa al servizio del regno di Dio.

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