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Briciole e gocce

Di Nicola Antonio Perone
Briciole e gocce
«Nell’orazione domandiamo spesso a Dio la giusta intelligenza, perché vedo che alle volte le mie lettere le fanno perdere la pace. Opera è del demonio per rompere il piccolo filo che la regge, e per farle il dispetto di vedersi abbandonata. Il patire che prova Iddio lo permette per purificarla e per tenerla sempre con la testa per terra. Oh quanto è buono Iddio! Siamo niente, buoni a niente e pieni di miserie, ed il buon Dio sa dove andremmo a sbalzare, ci previene con una medicina efficace, onde tenerci bassi, perché tutto il bene lo riconosciamo da Dio, ed a lui ridoniamo tutto. Oggi è il giorno di amore perché rammentiamo nella solennità del quanto Gesù ha fatto per noi, ma l’annientamento con cui ci si presenta Corpus Domini sotto le Specie eucaristiche si dà un luminoso esempio per ciò che ho sopra detto» (Cfr. G. Merlini, Lettere a Maria De Mattias, vol. I, 242).
Giovanni Merlini scrive questa lettera nella solennità del Corpus Domini del 1858, ispirandosi a questa ricorrenza per rispondere alle preoccupazioni che affannano Maria De Mattias. La Santa infatti è in grandi difficoltà, non solo personali, ma anche legate alle sorti dell’istituto delle suore Adoratrici
del Sangue di Cristo. Ella è piena di ansie, ha fretta di risolvere alcune problematiche, è inquieta per le difficoltà di comunicazione con alcune case religiose, e allo stesso tempo si sente incompresa ed abbandonata anche dal Merlini stesso, da colui che l’avrebbe dovuta sostenere e consigliare.
Emerge chiaramente dalla lettera quanto le prove e le sofferenze di Maria le impediscano di comunicare liberamente con il suo direttore spirituale, insinuandole sospetti e minando la sua fiducia non solo in don Giovanni, ma anche in Dio. Gli ostacoli che la vita le riserva sembrano aumentare a dismisura, la fondazione alla quale credeva che Dio l’avesse chiamata inizia a rivelarsi un progetto troppo grande e colmo di impreviste difficoltà, e le parole del direttore invece che confortarla le arrecano solo angustie e turbamenti.
Dinanzi a questa situazione, don Giovanni mette in guardia Maria dall’inganno nel quale il demonio la sta traendo. Laddove l’umanità dimentica Dio, insuperbendosi e credendo di poter fare tutto da sola con le proprie forze, entra subito in gioco il maligno, il quale non solo gode di questa situazione, ma ne approfitta per togliere all’uomo la pace del cuore e delle relazioni. I sospetti infatti che abitano in Maria producono due conseguenze: la sfiducia nell’altro, il quale diviene un nemico, e la lacerazione del rapporto con Dio, convincendo Maria di essere abbandonata e condannata all’autosufficienza. Il Merlini invece ricorda alla De Mattias di essere un nulla, una piccola creatura incapace di sostenersi da sola e bisognosa di relazioni, dell’aiuto di Dio e del fratello.
Le prove infatti, se accettate e vissute nella fede, non divengono esperienze di abbandono, ma eventi nei quali noi, seppur piccoli e fragili, ci scopriamo smisuratamente amati da Dio, il quale ci conosce, ci educa come un padre, e conoscendo le nostre debolezze, ci consegna la medicina efficace dell’umiltà. È l’umiltà infatti che ci rende figli, abbandonati non più alla solitudine, ma nelle braccia del Padre, fiduciosi che tutto viene da Lui e a Lui ritorna, e dunque certi che Egli non mancherà di venirci in aiuto e di riempire di senso anche le vicende più tragiche ed insensate della vita.
La solennità del Corpus Domini, che quest’anno in Italia celebreremo il 19 giugno, ci consegna proprio questa preziosissima lezione. Poco pane e qualche goccia di vino, niente agli occhi dell’uomo, si rivelano come il luogo nel quale Dio viene a porre ancora oggi la sua dimora in mezzo a noi. Le situazioni difficili ed assurde, le parti di noi più piccole e fragili, se bagnate dallo Spirito Santo, divengono nel 2022 luoghi di incarnazione, corpo e sangue di quel Dio che anche all’interno della più grande ed imponente basilica, decide di dimorare in un minuscolo e fragilissimo pezzo di pane.
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