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Buoni propositi

Di Nicola Antonio Perone

A l termine del 2021 sarebbe bene ritagliarsi del tempo per compiere un bilancio dell’anno trascorso.

Ripensando ai mesi precedenti si gioisce per alcuni momenti di serenità, per obiettivi raggiunti e per le sorprese inaspettate, ma più frequente è l’abitudine di sottolineare ciò che ha tradito le nostre aspettative: delusioni, abbandoni, progetti falliti, disgrazie devastanti per la nostra vita o per quella dei nostri cari.

Riflettere sugli avvenimenti negativi del nostro anno non è sbagliato, ma è un’operazione parziale, ed è giusto considerare anche le grazie ricevute durante questi mesi.

Concentrarsi sul positivo del tempo trascorso permette di avere uno sguardo più sapiente anche sui momenti negativi, non negandoli o fingendo che non siano avvenuti, ma dando loro il giusto peso per ripartire con ottimismo verso il futuro, coscienti delle certe difficoltà che vivremo ma consapevoli dell’agire costante di Dio che soccorre sempre le nostre debolezze.

È proprio questo che emerge dall’approccio assunto da don Giovanni Merlini in questa lettera, scritta al termine del 1849. Egli infatti parte dal buon proposito assunto all’inizio dell’anno, e cioè l’osservanza della carità, ammettendo che i risultati ottenuti non siano stati soddisfacenti.

Per questo rilancia per l’anno entrante lo stesso obiettivo proposto ai confratelli l’anno precedente, senza demoralizzarli per non averlo centrato in pieno, ma guardando positivamente allo sforzo compiuto, per rialzars con più energia e tendere alle più alte virtù.

È interessante che la carità fraterna, il rispetto, la compassione, siano elementi che don Giovanni rimarca continuamente in più lettere al termine dei suoi anni vissuti come Moderatore Generale.

Ogni anno sembra di rileggere la stessa missiva, ogni volta egli ricorda il buon proposito di vivere la carità, riconoscendo di non averlo raggiunto, e rilancia come obiettivo il crescere in questa virtù nell’anno successivo.

Il vissuto del Merlini e dei suoi Missionari non è quindi diverso dal nostro: tutti noi esprimiamo buoni propositi per il nuovo anno, ritrovandoci dodici mesi dopo a riformularli nuovamente perché scarsamente compiuti, se non addirittura dimenticati.

Con il passare del tempo però questo potrebbe risultare frustrante, scoraggiandoci ed autoconvincendoci che ogni anno sarà come il precedente, che non cambierà nulla o che piuttosto si aggiungeranno soltanto problemi.

Don Giovanni ci insegna invece un atteggiamento positivo, non nascondendo limiti ed insuccessi, ma guardandoli in faccia con realismo, ammettendo le proprie fragilità, ma non rimanendo bloccati da esse. Siamo infatti fratelli di un Figlio che non si è fermato alla debolezza, ma l’ha vinta rendendola luogo di resurrezione.

Dio non è come Babbo Natale o la Befana, non reca doni ai più meritevoli e carbone ai meno buoni, ma guarda paternamente i limiti dei suoi figli, non perché rimangano adagiati su di essi, ma affinché li vincano con la virtù della carità, ciò che don Giovanni raccomanda ancora oggi a tutti noi.

Solo l’amore può illuminare il nostro sguardo per scorgere la presenza di Dio nell’anno vissuto e in quello che verrà, riempiendo di senso ogni suo giorno e trasformando anche la grotta più buia nel luogo privilegiato perché splenda la luce del Natale.

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