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Custode

Lug 26, 2021

Di Terenzio Pastore

«Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9).

La controdomanda di Caino fa parte di uno dei primi dialoghi tra Dio e l’uomo che la Bibbia ci riporta. Dio gli aveva chiesto: «Dov’è tuo fratello, Abele?» (Gen 4,9). Conosciamo l’accaduto: Abele era già morto, ucciso proprio da Caino che, con quella controdomanda, cercava di nascondere il primo delitto nella storia dell’umanità. Nei capitoli precedenti il Libro della Genesi narra l’inizio della creazione. I due racconti, in modo diverso, offrono un messaggio inequivocabile: Dio affida alla cura dell’uomo tutto il creato. In un contesto diverso, Dio avrebbe potuto rispondere a Caino: certo che sei custode di tuo fratello, ciascuno dovrebbe essere custode dell’altro. Non solo, ma tu e ogni altro essere umano siete anche custodi del creato, che ho messo totalmente a vostra disposizione. Oggi si parla tanto di custodia del creato perché mai come in questo tempo storico sono evidenti gli effetti di uno sfruttamento sregolato della natura, causato da interessi economici, che ne sta provocando la rovina.

Il custode, al contrario, si prende cura di ciò che gli viene affidato. Il custode sa di non essere un proprietario che, al limite, può anche ritenersi in diritto di distruggere ciò che è suo. Nessuno è proprietario di un’altra persona, né del creato: sempre custode! Chissà quanti genitori e nonni, quanti insegnanti, quanti educatori, quanti sacerdoti, religiosi e religiose, cercano di comunicare ogni giorno questo messaggio, con la loro vita e le loro parole.

Il custode è un contemplativo.

Papa Francesco ha dato questa definizione nell’Udienza Generale del 16 settembre scorso, in cui ha evidenziato dapprima l’atteggiamento opposto: «Senza contemplazione, è facile cadere in un antropocentrismo squilibrato e superbo, l’“io” al centro di tutto, che sovradimensiona il nostro ruolo di esseri umani, posizionandoci come dominatori assoluti di tutte le altre creature». Insomma, senza contemplazione si rischia lo stravolgimento del progetto di Dio. Poi, ha aggiunto: «è importante recuperare la dimensione contemplativa, cioè guardare la terra, il creato come un dono, non come una cosa da sfruttare per il profitto. Quando contempliamo, scopriamo negli altri e nella natura qualcosa di molto più grande della loro utilità». Nel Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che quest’anno si è ispirata alla figura di San Giuseppe, il Papa scrive: «Mi piace pensare a San Giuseppe, custode di Gesù e della Chiesa, come custode delle vocazioni.
Dalla sua disponibilità a servire deriva infatti la sua cura nel custodire». Il custode, quindi, è un contemplativo che assume un atteggiamento di servizio. Il custode non deturpa il creato, ma lo rispetta e lo valorizza. Il custode si prende cura dell’altro facendo dono della sua vita.

Non solo: il custode è una sentinella, pronto a intuire e segnalare il pericolo.

Il custode è un cittadino attento e responsabile. Il custode è un compagno di viaggio premuroso e vigilante. Quanti, purtroppo, vengono meno all’essere custodi, magari per il timore delle conseguenze di parole o gesti di verità. Si tratta di coloro che sanno, si ritengono vicini, possono considerarsi addirittura amici, ma in certe situazioni non muovono un dito: restano inerti, diventando persino complici di scelte dissennate. Un esempio sono le dipendenze, un fenomeno drammaticamente in aumento: quante vite spezzate o segnate per sempre! Nelle dipendenze, però, non si cade all’improvviso; ci sono degli inizi, dei passi, che fanno comprendere che una persona si sta incamminando verso un vero e proprio burrone. Ovviamente, la scelta dipenderà sempre dal diretto interessato, ma la presenza e l’intervento di un custode possono risultare determinanti, provvidenziali.

Una volta un uomo mi rivelò un particolare della sua storia personale che neppure immaginavo. Lo avevo rivisto dopo molti anni e mi stava parlando del suo lavoro e della sua famiglia. A un certo punto, in lontananza, scorgiamo una suora. Vedendola, lui esclama: “Chissà cosa avrei combinato, nella mia vita, senza di lei!”. Poi aggiunge che, da ragazzo, aveva iniziato con dei piccoli furti e con l’assunzione di droghe. Qualcuno, un po’ più grande di lui, lo aveva trascinato; e lui ci stava, un po’ per sentirsi grande, un po’ per dimostrare di essere coraggioso, un po’ per vivere emozioni forti, un po’ per non essere estromesso dal gruppo.
Ma, anche senza rendersene pienamente conto, stava per essere risucchiato, come in un vortice, da questo mix letale.
Quella suora aveva intuito che qualcosa non andava: con la sua presenza e le sue parole, all’inizio rifiutate, lo aveva prima portato a interrogarsi sulla validità delle sue scelte, poi a cambiare strada. Quella suora era stata il suo custode.

Dall’esempio di S. Giuseppe Papa Francesco trae una certezza: «Questa cura attenta e premurosa è il segno di una vocazione riuscita. È la testimonianza di una vita toccata dall’amore di Dio… Che bell’esempio di vita cristiana offriamo quando non inseguiamo ostinatamente le nostre ambizioni e non ci lasciamo paralizzare dalle nostre nostalgie, ma ci prendiamo cura di quello che il Signore, mediante la Chiesa, ci affida!».

Come custodi del creato, della casa comune, usufruiamo di ciò che abbiamo a disposizione senza distruggerlo e desideriamo garantire vita alle generazioni future.

L’essere custodi, a servizio di ogni persona, qualifica il nostro percorrere quotidianamente le vie di Dio. Rimanendo su questa strada, scopriamo, con stupore e gratitudine, che il Signore ci ha messo accanto tanti custodi. E ce ne donerà altri, non ci mancheranno mai.
Essere reciprocamente custodi permette di accogliere e apprezzare l’inestimabile valore di ogni persona.

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