dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
Don Vincenzo Maria De Nicola

Da Giandomenico Piepoli
Grazie alle notizie di archivio della Congregazione, scopriamo di essere di fronte a un nostro santo Missionario dalla vita molto virtuosa e di buon esempio. Don Giovanni Merlini ce ne ha lasciato un breve ritratto: ยซfu versato assai nelle scienze sacre e segnatamente nella Scrittura e teologia, morรฌ in Giano, predicando le glorie di Maria, lasciando di sรฉ la fama di santitร ยป (Deposizione, pag. 299). Assieme a Fratel Giosafat, di cui parleremo, riposa nellโadorazione dellโAgnello divino, nel grande silenzio della cripta di San Felice.
Don Maria Vincenzo nacque il 12 aprile 1762 a Vicoli, piccolo comune della provincia di Pescara. Educato sin da piccolo da piissimi genitori, presto si rivelรฒ pronto e di acuto ingegno negli impegni scolastici. Fu assiduo negli studi e diede prova della sua preparazione in un pubblico dibattito nella Cattedrale di Penne sopra alcune tesi di filosofia e di teologia, nellโagosto del 1784.
Frequentรฒ il Seminario di Penne-Atri (oggi diocesi di Pescara-Penne), per il quale il Vescovo mons. Bonaventura Calcagnini (1777-1797) ne ordinรฒ le regole.
Il De Nicola manifestรฒ unโintelligenza particolare e ancor piรน un devoto senso religioso. Con lโordinazione sacerdotale si guadagnรฒ subito lโammirazione del popolo per la santitร del comportamento, lo spirito di pietร , lo zelo delle anime ed il piรน grande distacco. Adempรฌ con minuziosa sollecitudine ed impegno alle varie incombenze a cui fu chiamato, prima ad insegnare nel Seminario teatino, poi confessore delle Religiose di S.
Chiara in Cittร SantโAngelo, quindi come canonico e parroco di quella Collegiata.
Le notizie raccolte alla sua morte furono concordi nel riconoscere una persona di eminente santitร . Sopra tutto veniva encomiata lโassiduitร con cui attendeva alla preghiera. Le Religiose attestarono dโaverlo osservato con loro meraviglia ed edificazione fino a quattro e anche sei ore di seguito assorto in preghiera prostrato nella loro chiesa. Lo stesso videro i Canonici suoi Colleghi nella Cappella del SS. Sacramento, dovโera solito trattenersi, in atto di grande riverenza e viva devozione. Il Canonico Terra, presso il quale ebbe alloggio per parecchio tempo abitando una stanza accanto alla sua, attestรฒ che anche in casa erano lunghissimi e ferventi i suoi intrattenimenti con Dio;
per via di confidenze, si venne a sapere che lโoggetto ordinario delle sue meditazioni erano i patimenti del Signore Gesรน e i dolori della Madre Santissima.
Anche la caritร di don Vincenzo verso il prossimo, si dice che raggiungesse punte dโeroismo, mentre conduceva una vita molto povera di arredamenti, di
cibo e di vestito; tutto dava agli indigenti, e spesso per mano altrui, affinchรฉ ยซnon sappia la tua sinistra ciรฒ che fa la tua destraยป (Mt 6,3). Giunse fino a stare per del tempo senza letto. Venuto a saperlo, un Canonico lo costrinse a ricevere in dono un pagliericcio, ed avvertito il Vescovo lo provvide per mezzo di una pia persona anche di materasso. Nel 1817, anno di spaventosa carestia, fu visto andare per Cittร SantโAngelo elemosinando a favore dei miserabili cui portava il pane e vestiti nelle proprie case, e mettendosi a fianco degli infermi cercava che fossero accolti nellโospedale, luogo dove si portava assai di frequente per consolare gli infermi e dare sollievo sia allโanima come al corpo. Non frequentava solo lโospedale, ma dove vi erano ammalati e specie poveri, egli era con loro.
Il comandamento di amare Dio sopra ogni cosa in concreto spingeva don Vincenzo a cercare ogni modo per impedire che Dio venisse offeso dagli altri. Si
sentiva trafiggere lโanima nel vedere la mancanza di rispetto per i luoghi sacri, nel sentire bestemmie e parole indecenti, anche mormorazioni e critiche e ogni cosa che macchiasse quellโimmagine di Dio impressa in ogni creatura. Sacerdote ancora giovanissimo ebbe modo di provare il suo coraggio e potรฉ affrontare soldati bestemmiatori ed altri gravi scandali e disordini, con lโefficacia della parola del Signore e con lโautoritร della vita vissuta.
Ebbe spesse volte in ricambio del suo zelo beffe ed insulti, ma sostenne tutto con animo eroico e fedele al dono del Sacerdozio. Le mortificazioni e i digiuni erano atti quotidiani e severi, fino a preoccupare per la sua salute. Deciso a dominare il suo carattere impetuoso, divenne modello di mansuetudine e umiltร . Un giorno a San Felice, trovandosi con i giovani Convittori, venne ripreso da un giovane piuttosto presuntuoso ed egli, piรน vecchio, si pose subito in ginocchio per domandargli perdono. I presenti rimasero confusi per un tale gesto di umiltร e qualcuno si commosse fino alle lacrime. Don Giovanni Merlini notava con ammirazione tanti bei frutti e raccomandava di seguirli.
Lโopera di don Vincenzo fu lungamente travagliata dagli scrupoli. Fu questa una sfida grande e dolorosa. Nonostante cercasse aiuto da sacerdoti piรน dotti, ritornava presto la tempesta, un buio desolante โ egli diceva โ afferrava lo spirito e lo rendeva incapace ad ogni cosa.
Rinunziรฒ man mano agli uffici di cui era incaricato, ricusando anche gli ultimi stipendi dovuti al suo ministero, gli pareva di non averli meritati. Quindi, ritiratosi a solitudine quasi eremitica, visse per qualche tempo unโamarissima vita. Piรน volte era perfino giunto a decidere di lasciare di celebrare la Santa Messa giudicandosene indegno; pronto perรฒ sempre ad ascoltare il comando del Confessore, ritornava allโaltare per incontrare il suo Signore; tutto avrebbe sofferto volentieri piuttosto che offenderlo. E il Signore lo riporta a cercarlo ancora su strade nuove.
La Provvidenza condusse don Vincenzo ad incontrare San Gaspare, tutto preso nella predicazione e nel sistemare le Case di Missione. Questi lo invitรฒ a seguirlo e una luce nuova cominciรฒ a scaldare il suo cuore. Furono in tanti che lo sconsigliavano, ma egli lasciรฒ tutto e accettรฒ di entrare nel Probandato nella Casa di Pievetorina. I suoi scrupoli pian piano persero forza grazie anche alla sua nuova famiglia, alla fiducia nel divin Sangue e al vincolo di caritร , che รจ fonte di comunione e di sollecitudine pastorale. Don Vincenzo fu subito occupato nellโinsegnamento dei giovani Convittori a San Felice e in vari ministeri delle Missioni sotto la direzione del Canonico del Bufalo, con grande frutto e soddisfazione delle anime. Gli abitanti di Giano che lo conobbero ricordarono a lungo con commozione le dolci e sapienti esortazioni che faceva loro nella confessione, e come restavano colpiti dal dono divino di leggere nei loro cuori. Il 23 maggio 1825, mentre predicava dal palco il mese mariano nella Chiesa di Maria Santissima del Fosco vicino Giano, fu colpito da apoplessia e poche ore dopo spirรฒ invocando il nome di Maria. Morรฌ con fama di santitร . Quella mattina stessa aveva confidato al missionario don Biagio Valentini che si sentiva pervaso da una straordinaria consolazione.
ยซQUASI ALLA FINE DEL MONDOยป Dieci anni di pontificato di Papa Francesco
Da Redazione
Papa Benedetto XVI ยซL’ultima parola della storia sarร la comunioneยป
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