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Dopo la Cena

Mar 5, 2021

Di Giulio Martelli

Il gesto di Cristo nel corso della sua ultima cena ha questo primo significato. La sua morte e la sua resurrezione sono prossime ad accadere. Riguardo a questo, l’ultima cena è anticipazione.
Sulla soglia della notte mortale, Gesù solleva il Calice della benedizione che egli dichiara essere il Calice del Suo Sangue e “rende grazie”. Per la salvezza compiuta, per la liberazione dell’uomo, in una parola, per la resurrezione, la sua e la nostra.
Infatti, la lettera agli Ebrei (11,1) spiega che la fede è la garanzia di ciò che aspettiamo. La fede infatti ci fa entrare del possesso del futuro, di ciò che deve avvenire come se fosse già avvenuto: trasposta alla fine. Quando noi perciò celebriamo l’Eucarestia, rendiamo grazie per la nostra personale resurrezione, compresa nella Resurrezione di Cristo.
Questo primo significato del pane e del vino si prolunga in un secondo che è il vertice del sacramento. Infatti, la vita nuova che il Corpo e il Sangue del Risorto ci comunicano è la vita di un uomo nuovo, l’uomo della Resurrezione il quale ha “messo sotto i suoi piedi” tutti i suoi nemici figurativi del “Nemico”: lo spirito di possesso, di dominio, la volontà di assoggettare, di porsi su un piedistallo che metta in vista di tutti.
Il Cristo infatti si fa guardare: si espone agli sguardi di tutti, ma come oggetto di derisione e di disprezzo, avendo messo a morte in se stesso, mediante la Croce, ogni volontà di potenza e di vendetta.
Il terreno è totalmente libero per l’Amore! Al posto dello spirito di dominio che divide, c’è l’amore che riunisce! È questo il senso ultimo del banchetto eucaristico che i primi cristiani chiamavano agape cioè amore. E da allora il frutto ultimo dell’Eucarestia è il raduno degli uomini in un solo corpo, il corpo di Cristo, uomo nuovo; un Corpo le cui membra, invece di opporsi, coniugano le loro differenze. L’uomo nuovo, l’uomo della fine dei tempi è ad immagine di Dio, un uomo plurale. L’Eucarestia, dunque, genera un popolo, la Chiesa, che a sua volta è un segno, quello dell’umanità riconciliata.
A proposito di questa, va ricordato che l’immagine e somiglianza di Dio non è l’uomo nella sua individualità, ma tutti noi in quanto uniti per formare l’Uomo Uno ad immagine del Dio Uno. È questo il frutto ultimo dell’Eucarestia, la realtà che il sacramento produce. La parola ultima dell’Eucarestia, dunque, è la creazione portata a compimento.
Il banchetto della condivisione che noi celebriamo è promessa, anticipazione del banchetto escatologico, quello delle nozze dell’Agnello che è stato immolato con l’umanità (Ap 19, 6-9).
Il pane e il vino delle nostre eucaristie ci vengono dal futuro. Questo sta a significare l’appellativo biblico “pane del cielo” (cfr. Gv 6), che è ugualmente pane della terra promessa, dei cieli nuovi e della terra nuova. Tutto ciò diviene il pane della nostra terra. È un sacramento cosmico, l’Eucarestia che ricapitola tutta la natura e tutta la storia.

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