dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
Dopo la Cena

Di Giulio Martelli
Il gesto di Cristo nel corso della sua ultima cena ha questo primo significato. La sua morte e la sua resurrezione sono prossime ad accadere. Riguardo a questo, l’ultima cena è anticipazione.
Sulla soglia della notte mortale, Gesù solleva il Calice della benedizione che egli dichiara essere il Calice del Suo Sangue e “rende grazie”. Per la salvezza compiuta, per la liberazione dell’uomo, in una parola, per la resurrezione, la sua e la nostra.
Infatti, la lettera agli Ebrei (11,1) spiega che la fede è la garanzia di ciò che aspettiamo. La fede infatti ci fa entrare del possesso del futuro, di ciò che deve avvenire come se fosse già avvenuto: trasposta alla fine. Quando noi perciò celebriamo l’Eucarestia, rendiamo grazie per la nostra personale resurrezione, compresa nella Resurrezione di Cristo.
Questo primo significato del pane e del vino si prolunga in un secondo che è il vertice del sacramento. Infatti, la vita nuova che il Corpo e il Sangue del Risorto ci comunicano è la vita di un uomo nuovo, l’uomo della Resurrezione il quale ha “messo sotto i suoi piedi” tutti i suoi nemici figurativi del “Nemico”: lo spirito di possesso, di dominio, la volontà di assoggettare, di porsi su un piedistallo che metta in vista di tutti.
Il Cristo infatti si fa guardare: si espone agli sguardi di tutti, ma come oggetto di derisione e di disprezzo, avendo messo a morte in se stesso, mediante la Croce, ogni volontà di potenza e di vendetta.
Il terreno è totalmente libero per l’Amore! Al posto dello spirito di dominio che divide, c’è l’amore che riunisce! È questo il senso ultimo del banchetto eucaristico che i primi cristiani chiamavano agape cioè amore. E da allora il frutto ultimo dell’Eucarestia è il raduno degli uomini in un solo corpo, il corpo di Cristo, uomo nuovo; un Corpo le cui membra, invece di opporsi, coniugano le loro differenze. L’uomo nuovo, l’uomo della fine dei tempi è ad immagine di Dio, un uomo plurale. L’Eucarestia, dunque, genera un popolo, la Chiesa, che a sua volta è un segno, quello dell’umanità riconciliata.
A proposito di questa, va ricordato che l’immagine e somiglianza di Dio non è l’uomo nella sua individualità, ma tutti noi in quanto uniti per formare l’Uomo Uno ad immagine del Dio Uno. È questo il frutto ultimo dell’Eucarestia, la realtà che il sacramento produce. La parola ultima dell’Eucarestia, dunque, è la creazione portata a compimento.
Il banchetto della condivisione che noi celebriamo è promessa, anticipazione del banchetto escatologico, quello delle nozze dell’Agnello che è stato immolato con l’umanità (Ap 19, 6-9).
Il pane e il vino delle nostre eucaristie ci vengono dal futuro. Questo sta a significare l’appellativo biblico “pane del cielo” (cfr. Gv 6), che è ugualmente pane della terra promessa, dei cieli nuovi e della terra nuova. Tutto ciò diviene il pane della nostra terra. È un sacramento cosmico, l’Eucarestia che ricapitola tutta la natura e tutta la storia.

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