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Due giorni per stare alla scuola d’amore del crocifisso

Da Redazione
A settembre, solitamente, iniziano le scuole e, quindi, anche gli anni “pastorali” e la Chiesa nel suo anno liturgico ci offre anche due giorni “preziosissimi” per iniziare anche un’altra scuola, fondamentale per la nostra vita, quella che San Gaspare chiamava “la scuola del crocifisso”, scrivendo in un suo testo: «Venite, dunque, o Anime che bramate sinceramente la santità alla scuola del Crocifisso, qui acquisterete quella celeste cognizione di Dio, che vi renderà nauseate del mondo, e zelanti della gloria del sommo Bene».
Questa scuola del Crocifisso è una grande occasione per contemplare e conoscere meglio l’amore di Dio, cominciando ad avere sempre più la nausea per le false e ingannevoli preoccupazioni di questo mondo, e, quindi, cercare e desiderare veramente il bene nella nostra vita.
Lo sapevano bene già gli antichi cristiani che iniziarono a inserire nel calendario questa festa al tempo della costruzione delle basiliche costantiniane sul Golgota e sul Sepolcro di Cristo, proprio in ricordo del ritrovamento nel 14 settembre del 320 d.C. della croce di Gesù da parte di Sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino.
Sant’Elena poi avrebbe portato una parte della croce a Roma in quella che oggi è, appunto, la Basilica di Santa Croce
in Gerusalemme vicino San Giovanni in Laterano. Per i cristiani d’oriente questa festa è importantissima, una delle dodici grandi festività dell’anno liturgico. I cristiani non sono dei masochisti, non c’è nessun dolorismo nella nostra fede.
Nella croce non vediamo solo lo strumento della morte, il patibolo, ma ci vediamo e riflettiamo sui frutti che ci ha portato e come nella croce con Cristo viene, appunto, crocifisso il nostro uomo vecchio fatto di egoismo e rottura con Dio, mentre viene rigenerato in noi l’uomo nuovo che vive in relazione e in comunione d’amore con Dio e con gli altri.
Senza la prova, senza la difficoltà, senza la croce, nessuno di noi si salverebbe, nessuno di noi passerebbe dall’egoismo al vero amore. Solo che nessuno di noi potrebbe vivere questo passaggio se non perché Gesù Cristo lo ha vissuto e lo vive per noi e con noi. I monaci certosini dicevano in latino: stat crux, dum volvitur orbis, cioè: «mentre il mondo passa, gira e si dissolve la croce resta salda come il perno che sostiene la nostra fede, la nostra vita, il nostro amore».
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