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Giuseppe Moscati: il medico che diventò santo

Di Paolo Gulisano
L’uomo è un essere fragile. Lo è fin da quando cresce nell’utero di sua madre. È una meraviglia, ma è fragile, a volte indifeso dalle aggressioni delle malattie. Da sempre ha bisogno di cure, di assistenza quando è malato. La Medicina è nata come una risposta a questo bisogno. Curare significa anzitutto “servire” una persona, averne sollecitudine.
Nessuno, nel corso della storia umana, ha dato miglior prova del prendersi cura che Gesù Cristo, e dopo di Lui nel corso della storia troviamo molti santi medici che hanno praticato nei fatti, nel loro operare una vera e propria imitazione del Cristo Medico: dall’evangelista Luca a Cosma e Damiano, da Ildegarda di Bingen a Nicola Stenone e ciò che colpisce, nelle vicende personali e professionali di questi santi “sanitari”, è il fatto che spesero le loro vite per lenire i mali del corpo senza dimenticare le esigenze dell’anima. Molti di loro vissero le loro virtù umilmente, nel nascondimento, così come per secoli molti medici e infermieri sconosciuti hanno dedicato silenziosamente e umilmente la loro vita al bene del prossimo, ovunque, in ogni angolo del mondo. Non ebbero paura di dedicare a questo scopo la loro via, affrontando il tanto male che c’è nel mondo, valorizzando il tanto bene che vi è ancora.
Tra le varie figure di santi medici, spicca quella di Giuseppe Moscati. Medico, scienziato e benefattore dell’umanità, primario dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, la sua città. Era nato nel 1880 e morì nel 1927, a soli 47 anni, consumato dall’enorme mole di lavoro che svolgeva: era sempre pronto ad accorrere ai capezzali dei malati, anche durante due pandemie, quella di Colera del 1912 e quella della terribile influenza Spagnola del 1918. Non ebbe timore di mettere a rischio la propria vita per soccorrere i malati, come dovrebbe fare sempre un vero medico.
Era un dottore bravissimo, un clinico straordinario che sapeva sempre fare le diagnosi giuste e le terapie che guarivano il paziente, ma non divenne santo solo perché era un grande clinico e un grande scienziato. Giuseppe Moscati fu sempre
orientato a Dio e al bene supremo dell’essere umano. Sin dall’inizio della sua carriera fu considerato un medico controcorrente nell’ambiente sanitario del suo tempo, così pervaso di positivismo scientifico e di idealismo filosofico. Non si poneva pertanto di fronte al semplice corpo del malato, ma era sempre davanti a esso nell’interezza della sua vocazione umana e cristiana. Si prendeva cioè cura della salute integrale del paziente, e quindi non solo della salute del corpo, bensì anche quella dello spirito. Si dedicava soprattutto alla cura dei poveri e dei bisognosi. Ogni mattina, prima di recarsi in Ospedale, si alzava presto per visitare gratuitamente a domicilio la povera gente. Nel suo studio privato, come onorario, vi era un cestino con la scritta: «Chi può, metta qualcosa. Chi ha bisogno, prenda». Fu un medico eccellente e caritatevole, insigne ricercatore e docente, uomo di grande dirittura morale e di fede profonda, che giunse alla santità incarnando nell’ordinaria concretezza dell’esistenza quotidiana l’ideale del laico cristiano.
La Chiesa ne ha riconosciuto la santità: proprio per aver saputo lenire nei suoi pazienti i mali del corpo senza dimenticarne le esigenze dello spirito. Con il riconoscere sempre in ogni uomo una meraviglia unica e irripetibile, di fronte alla grande fragilità e alle malattie del fisico e del cuore, egli è venuto incontro alle sofferenze e ai bisogni di bene che sono di tutti, trovando rimedi e risposte nella Medicina e nel Cristianesimo.
«Beati noi medici», asseriva Moscati, «tanto spesso incapaci ad allontanare una malattia, beati noi se ci ricordiamo che oltre i corpi abbiamo di fronte delle anime immortali, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stesse». E illuminato da questi princìpi si è dimostrato medico e cristiano veramente fuori dal comune.
Fu un medico che fece della professione una palestra di apostolato, una missione di carità, uno strumento di elevazione di sé, e di conquista degli altri a Cristo salvatore. Fu un docente che lasciò tra i suoi alunni una scia di profonda ammirazione non solo per l’altissima dottrina, ma anche e specialmente per l’esempio di dirittura morale, di limpidezza interiore, di dedizione assoluta data dal suo ruolo. Fu uno scienziato d’alta scuola, noto per i suoi contributi scientifici di livello internazionale, per le pubblicazioni e i viaggi, per le diagnosi illuminate e sicure, per gli interventi arditi e precorritori. La sua esistenza trascorse facendo del bene, a imitazione del Medico divino delle anime. Il suo percorso fu di sacrificare tutto agli altri − se stesso, gli affetti familiari, il proprio tempo, il proprio denaro − nel solo desiderio di compiere il proprio dovere e di rispondere fedelmente alla propria vocazione.
Moscati fu un grande medico perché fu un cristiano autentico, la cui fede profonda aveva salde radici nella preghiera, nella devozione mariana e in quella eucaristica. Le sue giornate, che lo vedevano impegnato a curare per 10, 12 ore, iniziavano invariabilmente con la Santa Messa. Nessuno, nel corso della storia umana, ha dato miglior prova del prendersi cura che Gesù Cristo, e Moscati praticò nei fatti, nel suo operare una vera e propria imitazione di Cristo.
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