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Gli esercizi sono esperienza dell’incontro con Dio

Di Romano Altobelli

Gli esercizi sono esperienza dell’incontro con Dio

Quello che viene pubblicato a puntate è il corso di Esercizi Spirituali che il Missionario del Preziosissimo Sangue don Romano Altobelli ha tenuto all’Eremo di Lecceto-Malmantile (FI) dal 26 aprile al 2 maggio 1992 a religiose di vari Istituti. Si tratta di un “aiuto” offerto a persone che intendono incontrare il Signore Gesù, mediatore della nuova alleanza nel suo sangue.

Gli Esercizi Spirituali sono un’esperienza di Dio, di Gesù. Nessuna esperienza si può fare se non attraverso l’incontro con una persona: se due persone si incontrano fanno esperienza, se non si incontrano l’esperienza non esiste.
Nel Vangelo di Giovanni (Gv 20,19-21) troviamo gli elementi di questa esperienza.
«Venne Gesù e si fermò in mezzo a loro». Noi ci affatichiamo perché vogliamo incontrare Gesù. È Gesù invece che vuole incontrarsi con noi, che parte per primo. Gesù viene: l’iniziativa è sua, non nostra. «Io voglio fare bene il mio dovere» − si dice − «voglio lavorare in parrocchia, all’ospedale, ecc. così vado in paradiso». No, in paradiso non si va, se non viene Gesù: «Venne Gesù… e si fermò tra loro». Evidentemente è Gesù che porta al Padre. Ci ha detto nel Vangelo: «Non si arriva al Padre senza di me» (cfr. Gv 14,6); io ti porto al Padre.
Ci domandiamo: «Come debbo fare per andare da Gesù?». Non siamo noi ad andare da Gesù, ma è Lui che viene e vuole incontrarsi con noi.
Ricordate quando i due discepoli andavano a Emmaus e si lamentavano: «Noi credevamo…» (Lc 24)? Non sono i discepoli ad andare da Gesù, ma ad un certo punto Luca dice: «Gesù in persona si accostò e camminava con loro». È Gesù che va, si accosta e cammina con loro; non sono loro che vanno da Gesù, che si accostano a Gesù e che camminano con Gesù. Il soggetto non siamo mai noi, è Gesù; Gesù in persona si accosta ai due e cammina con loro; poi accade il miracolo: lo riconoscono nello spezzare il pane.
«Disse loro…». È Gesù che parla per primo. Facciamo questo favore al Signore: non chiacchieriamo noi, facciamo parlare Lui. Quando Gesù parla, dice la parola creatrice: la parola pronunciata, crea. Difatti, dice, per tre volte: «Pace a voi» che non è un augurio perché Lui è la pace, Lui che è venuto Lui che si è fermato in mezzo a loro e si offre come pace.
«Mostrò». Cosa mostrò? Le mani trafitte e il costato aperto, che sono la fonte della pace. Preghiamo per la pace, dobbiamo pregare per la pace, ma dove la troviamo la pace? Gesù è la nostra pace e la troviamo nelle piaghe aperte, nel 
costato trafitto di Cristo. Ecco la pace: «Grazie al sangue di Cristo voi che eravate lontani siete diventati i vicini» − dice Paolo in Ef 2,13. Stare vicini grazie al sangue di Cristo. Questa è la pace, è Lui che fa questa pace. Infatti subito dopo afferma: «Egli è la nostra pace». Gesù è la nostra pace; non siamo noi a fare la pace, tanto è vero che noi, più ci sforziamo di fare la pace, più facciamo la guerra.
«Alitò…». Gesù alitò, soffiò il Suo Spirito. Questo alitare richiama il «tradidit spiritum» di Gesù sulla croce.
Quando Gesù morì sulla croce, nell’emettere l’ultimo alito di vita, spirò lo Spirito Santo (Gv 19,30). Ricordiamo che dal costato aperto di Cristo uscirono sangue ed acqua: l’acqua e-lo Spirito Santo, che Gesù soffia e il sangue è il Sangue della redenzione, il Sangue della salvezza. Come conseguenza di questi quattro elementi abbiamo la gioia e il mandato. Difatti, il testo dice che i discepoli «gioirono al vedere il Signore». La gioia non è un fatto emotivo ed esaltante del momento, ma scaturisce dall’esperienza di aver visto Gesù. Gesù dice anche: «Come il Padre ha mandato me, io mando voi». Non ci si ferma all’esperienza: da essa scaturisce la gioia, ma bisogna portarla agli altri. «Dio ha mandato me e io mando voi» (cfr. Gv 20,21). In che cosa consiste questo mandato? Consiste nel comunicare l’esperienza. Quando la si fa, si è contenti e questa gioia la si vuol comunicare ad un altro, ad altre persone. Due giovani che si incontrano e fanno esperienza di amore, lo vogliono gridare a tutti, perché sono contenti. Perciò, una volta fatta l’esperienza, bisogna comunicarla. Infatti il testo dice che «Tommaso…
non era con loro quando venne Gesù.
Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”».
Bisogna comunicare l’esperienza fatta perché anche gli altri possano farla.
Gli apostoli comunicano a Tommaso, che vuole fare anche lui l’esperienza ed ha ragione. Anche per Tommaso vale la stessa dinamica usata da Gesù con gli altri apostoli: «Otto giorni dopo Gesù venne… si fermò in mezzo a loro e disse…» (Gv 20,26-29). Gesù parla dando di nuovo la pace e sollecita Tommaso a fare l’esperienza. Ecco l’esperienza! Quella che il Signore chiede di fare a ciascuno di noi. Credere e scoprire l’amore: «il mio Dio, il mio Signore».
Gli Esercizi Spirituali sono un’esperienza di Dio: il nostro incontro con Lui. Non frustriamo il suo desiderio d’incontrarsi con noi, la sua pazzia d’amore per noi!

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