Primavera Missionaria News. Dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
Il progetto di aprire un Seminario

Di Pietro Battista
I Missionari si resero conto che per lo sviluppo della Congregazione non si poteva contare solamente sui sacerdoti che venivano dalle diocesi. I Vescovi, spesso, trovavano difficoltà a lasciar partire i propri sacerdoti, che, quasi sempre, erano i più zelanti e i più preparati culturalmente.
Lo stesso Papa Leone XII aveva detto al Fondatore don Gaspare del Bufalo: «senza piantinaro non si può consolidare l’Istituto». Nel 1823, i Missionari
presero la decisione di aprire il Convitto. La Casa di Albano aveva tutti i requisiti per realizzare l’opera. Era ampia, ben strutturata e aveva intorno tanto spazio. Inoltre, la presenza di don Giovanni Merlini era una garanzia per compiere un serio discernimento vocazionale e curare la formazione dei futuri missionari.
Per la cittadina di Albano, cominciò a circolare la voce che i Missionari stavano per aprire un Collegio pubblico.
Questo sarebbe andato a discapito del Seminario Diocesano che accoglieva, dietro pagamento di una retta, anche i giovani che intendevano solamente frequentare la scuola. Questa voce arrivò perfino al Cardinale. Questi intervenne tempestivamente, bloccando il progetto dei missionari. Il Fondatore consigliò di soprassedere all’idea e di attendere tempi più favorevoli per la realizzazione. Intanto tra i giovani che erano stati già contattati furono mandati, alcuni nella Comunità di Sermoneta, altri nella Comunità di San Felice di Giano. Don Giovanni Merlini commentò l’accaduto con queste espressioni: «dispiaceva al demonio questo nuovo impianto a consolidare un Istituto che direttamente tende alla santificazione dei popoli. Perciò non fa meraviglia che suscitasse tali turbolenze».
Nel 1828, quando fu chiara la volontà dei missionari che non miravano ad aprire un collegio a scopo di lucro per l’educazione della gioventù, ma un Seminario per la formazione dei futuri missionari, allora il Cardinale diede l’approvazione al progetto. Così, don Giovanni Merlini diede inizio all’opera.
La sua prima esperienza come rettore non fu esaltante. Lo scrisse egli stesso nella Istoria: «Avvenne perciò, così permettendo Iddio, che si ricevessero dei giovani non chiamati, né all’Istituto né al sacro e che si rendessero di gravame alla comunità. Avvenne ancora che altri, benché sarebbero potuto riuscire per l’Istituto, non sapessero approfittarsi della grazia loro concessadal benefico Iddio e perciò se ne uscissero dall’Istituto come erano entrati.
Ciò nonostante non mancarono delle piante elette per questo mistico campo e benché rare tra molte infruttifere, pure seppero dare un qualche rimpiazzo alle maggiori difficoltà dell’Istituto». L’esperienza rese attentissimo don Giovanni, soprattutto nella selezione dei giovani. Egli non era interessato al numero ma alla qualità. A chi gli faceva notare che il numero dei giovani fosse troppo esiguo, rispondeva: «se ipochi fossero investiti dello stesso spirito degli apostoli sarebbero in grado di convertire il mondo».
Don Giovanni desiderava che i giovani crescessero non solamente nello spirito di pietà, ma anche nella dottrina. Per questo aumentò di un anno il corso di teologia portandolo da tre a quattro anni. Aggiunse anche nuove discipline. (Continua)
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