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Intervista a Matteo Lipparini di Economy of Francesco

Di Eric Strollo

Giovani, economia, ambiente… tre parole solo apparentemente distanti.
In questo numero avrei potuto dirvi qualcosa sul rapporto fra la pastorale giovanile e la crescente sensibilità ecologica, ma ho deciso di raccontarvi tutto questo dalla voce di un amico che incarna alla perfezione le tematiche che stiamo considerando. È un giovane cattolico, studioso di economia e anche appassionato di ecologia. Non è la versione maschile di Greta Thunberg, non è un attivista di fama internazionale, non è in politica. È un ragazzo come tanti che, però, ha deciso di credere fino in fondo a ciò che portava dentro e – come sentiremo – alle parole del primo Papa che sceglie di chiamarsi Francesco!

Ciao Matteo! Innanzitutto grazie per aver accettato questa intervista. Inizia tu! Presentati!

Mi chiamo Matteo, ho 26 anni e provengo dal Frignano, la montagna modenese.
Ho studiato al liceo classico e poi ho deciso di iscrivermi a Economia e Management a Trento perché mi interessava molto cercare di comprendere meglio la realtà dentro cui ero immerso attraverso la lente dell’economia. Sono stato contento della mia scelta anche se, fin da subito, mi sono reso conto che non sempre l’economia veniva intesa come scienza sociale che si occupa sia di uomo che di relazione tra uomo e ambiente. Così, dopo la laurea, ho deciso di approfondire questa prospettiva con una magistrale a Vienna (Socio – Ecological Economics and Politics).
In questo corso di studi, l’economia è vista, appunto, come una disciplina che si occupa degli aspetti socio-politici e ambientali delle interazioni tra esseri umani e tra questi e l’ambiente. Durante gli studi mi sono convinto di quanto sia importante affiancare la prospettiva tecnica delle competenze e delle conoscenze a una
prospettiva etica. Vale anche l’opposto, ovviamente: la dimensione morale se non è sostanziata dalla conoscenza disciplinare risulta mancante e zoppa. Infine, ho frequentato il joint diploma in Ecologia Integrale promosso dall’Università Gregoriana.

Quando è arrivata nella tua vita la proposta dell’Economy of Francesco?

Lessi la lettera che il papa scrisse all’inizio di maggio 2019 nella quale faceva riferimento alla Laudato si’ (testo da me molto apprezzato) sottolineandone il suo intento. Nell’enciclica, infatti, da un lato emergeva il “grido dei poveri” (quelli sia materiali che spirituali, come già scriveva Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate) e dall’altro il “grido della Terra”.
Lui scriveva che questi due gridi non erano stati ancora del tutto “colti”, pertanto tentava questa via di coinvolgere giovani affidando loro il compito di comprendere le problematiche e la loro urgenza e per provare a proporre un’economia nuova fondata su comunione, equità e giustizia.
L’Economy of Francesco è un’economia che punta allo sviluppo integrale, non lascia indietro né gli uomini né il Creato.

Qual è oggi il tuo ruolo nell’Economy of Francesco?

I partecipanti hanno scelto in quale gruppo di lavoro impegnarsi tra i dodici individuati dagli organizzatori. Ciascuno di questi, chiamati “villaggi”, si concentra su un grande tema socio-economico. Io faccio parte del villaggio “CO2 of inequalities”, espressione con la quale si è voluto indicare l’eccesso di disuguaglianze prodotto da quella cultura dello scarto, dell’esclusione e dello sfruttamento che il Papa ci invita a studiare a fondo per cambiarla promuovendone un’altra più inclusiva e rigenerativa. Nel villaggio ci siamo divisi i compiti sulla base delle competenze e delle attitudini, io sono tra quelli che si occupano di “ricerca e pubblicazione”.
Abbiamo individuato alcuni principi chiave per guidare la nostra ricerca e proposta sul tema, ampio e complesso, delle disuguaglianze. Io lavoro su due di questi principi: uno legato ai cosiddetti “diritti umani” e l’altro al legame tra i cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale e le disuguaglianze.

Mi ha sempre affascinato il fatto che l’economia e l’ecologia condividessero la stessa radice dal punto di vista etimologico. In sintesi, secondo te qual è il legame reale che ci dovrebbe essere tra economia ed ecologia?

Mi hai servito un assist perfetto. Nella parola “economia”, “eco” deriva da oikos, che in greco significa “casa”. Io mi sono sempre ritrovato molto in una definizione di economia che risalisse alla sua etimologia. Per economia si intendono tante cose, per questo aiuta tornare alla sua radice più profonda che la indica come la disciplina che si occupa di come l’essere umano si organizza per soddisfare bisogni e desideri attraverso determinate strutture sociali e diversi modi di relazionarsi con gli esseri umani e con l’ambiente e come questi producano delle conseguenze sia per l’uomo che per la casa comune. Queste conseguenze si influenzano a vicenda. Non si può pensare all’economia senza tenerne in considerazione gli effetti sociali ed ecologici. Pensiamo soltanto al tema della distribuzione della ricchezza, del benessere… è impossibile intendere l’economia come scienza a servizio dell’uomo senza considerarla nel contesto reale in cui è immersa. È qui che l’economia incontra l’eco-logia, ovvero la riflessione sulla casa comune, sul contesto socio-ambientale in cui l’uomo vive.

Come pensi sia possibile per la Chiesa sensibilizzare i giovani alla tematica ecologica?

Domanda importante! Prima ancora di come la Chiesa debba farlo mi preme spiegare perché, a mio avviso, deve farlo.
Oggi siamo immersi in una narrazione che ci parla molto della tematica ecologico-ambientale. Questo contribuisce ad accrescere una sensibilità che però può rimanere superficiale e disperdersi. In particolare il rischio è quello di svilire il contenuto di valori morali essenziali quali giustizia, pace e conservazione del creato se la prospettiva rimane quella del mondo e dei suoi problemi senza alzare lo sguardo verso le loro cause profonde, perdendo di vista l’uomo fino a elaborare ideologie che lo disprezzano in nome di grandi problemi/obiettivi e della loro urgenza. Ecco perché è fondamentale che la voce della Chiesa, che sta nel mondo senza però appartenervi, si faccia sentire. Essa non è chiamata ad occuparsi dei grandi nodi della storia, e la questione ecologica è uno di questi, attraverso le categorie parziali che appartengono a chi guarda il mondo con gli occhi del mondo, ma andando alla radice dei problemi per affrontarli alla luce del messaggio di salvezza di Gesù. Così inquinamento, riscaldamento globale, cambiamento climatico, perdita di biodiversità non sono “solo” problemi da risolvere politicamente, tecnicamente o cambiando stile di vita, ma manifestazioni di incrinature nel profondo dell’uomo che si relaziona con sé stesso, il prossimo e l’ambiente in cui vive pretendendo di fare a meno di Dio.

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