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La guarigione del cuore e la parola di Dio nella vita di chiara Corbella

di fra Vito D’Amato

Pubblichiamo la maggior parte della relazione di padre Vito D’Amato tenuta alla VI Koinè del Preziosissimo Sangue, redatta
e rivista dalla nostra Redazione. Si può vedere e ascoltare l’intervento integrale sul canale youtube della Unione Sanguis Christi
 

Il tema che vediamo oggi è quello delle scelte, della nostra libertà, un tema centrale. Avete fatto caso che nel Credo c’è il nome della Vergine Maria, c’è il nome di Gesù, ma c’è anche un altro nome: Ponzio Pilato. Pilato era un italiano, probabilmente un molisano. Lui stava lì nel Sannio ed è diventato uno degli uomini più famosi di tutti i tempi: dovunque si proclama il nome di Gesù si proclama anche il suo. Quest’uomo si è giocato la libertà e penso che la Chiesa lo abbia inserito nel Credo proprio perché prima o poi noi nella vita ci troveremo nella condizione di Pilato, a dover scegliere tra liberare un innocente, che però gli avrebbe procurato problemi con l’imperatore, oppure uccidere un innocente, sapendo che è innocente, anche se tutti lo vogliono morto. Se voi ci pensate Chiara si è trovata davanti a questa scelta: abortire o no un figlio. Vi assicuro che prima o poi noi nella vita ci troviamo davanti a questa scena. Per questo Pilato è dentro il nostro Credo, perché noi siamo immagine e somiglianza di Dio, e la cosa che più di tutto ci rende simili a Dio è la nostra libertà. Come noi scegliamo, come ci giochiamo questa libertà fa la differenza e noi siamo in quello che scegliamo.
A Pilato Gesù dice: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto» (Gv 19,11). Noi abbiamo questo potere, una cosa nobilissima, ma anche una cosa pericolosissima. Pensate: fa di noi persone felici o infelici! La felicità non è qualcosa che ti capita, la felicità è una scelta, quindi noi abbiamo nei confronti della vita il coltello dalla parte del manico. Noi possiamo vivere felici.
Vincere la lotteria ti può capitare, però la felicità è diversa. Vincere la lotteria capita, ma non è detto che ti renda felice. Anche un incidente o una malattia genetica capitano, ma parimenti non è detto che ti rendano infelici. Quando ho celebrato il funerale di Chiara io ho detto: «Noi non abbiamo più nessun motivo per lamentarci, perché qualunque cosa ci accada dentro contiene un dono ed è per noi». Ho visto Chiara morire felice. Lei come Pilato si è trovata davanti ad una scelta e, nell’ultimo colloquio, la notte prima che morisse, è come se lei avesse capito che tutta la vita sua era compiuta: aveva fatto quello per cui era nata, per cui era stata pensata da sempre e sarebbe stata una benedizione in eterno. La storia di Chiara Corbella Petrillo molti di voi la conoscono. È la storia di una donna che si è sposata a 24 anni, il suo matrimonio è durato tre anni e mezzo. In questi anni è successo che lei è rimasta incinta subito e ha partorito una prima figlia, Maria Grazia Letizia, con una grave malformazione, l’anencefalia, per cui è nata e vissuta mezz’ora e poi è andata in cielo. Dopo pochi mesi rimane di nuovo incinta, questa volta di un maschio, ma anche lui ha gravi malformazioni, agli arti inferiori e poi si scoprirà anche viscerali, per cui pure lui è incompatibile con la vita e vivrà più o meno mezz’ora.
Quindi Chiara rimarrà di nuovo incinta e questa volta il bambino è sanissimo, però lei durante la gravidanza scopre di avere un cancro alla lingua, che lei curerà per quanto è possibile senza danneggiare il figlio, sia durante la gravidanza che subito dopo, ma morirà dopo un anno dalla nascita del figlio. Questa storia un po’ assurda è diventata una storia conosciuta in tutto il mondo perché è affascinante, perché nessuno si augurerebbe una vita così e nessuno lo augurerebbe a nessuno, pur tuttavia l’esito di questa vita tutti ce lo augureremmo. C’è una frase di Chiara, che rimane molto impressa nelle persone ed è questa: «Il Signore la mette la verità dentro ognuno di noi, e non c’è possibilità di fraintenderla». Ma questa frase è un punto di arrivo, questo è un dono, perché intorno a questo dono c’è una grande confusione. Non è che Chiara non ha vissuto questa confusione. La nostra volontà e la nostra percezione della realtà sono confuse: noi siamo malati tutti in questo senso. Noi siamo malati e − dice san Paolo − «sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!» (Rm 7,14-25).
Quando Chiara era incinta di Maria Grazia Letizia le hanno detto: «Ma guarda in questi casi si può abortire», per questo lei dice che “c’è molta confusione”. Così quando è nato il secondo figlio all’interno della stessa Chiesa cattolica le hanno detto che le malformazioni dei figli dipendevano da lei, da un atteggiamento di rifiuto, che era colpa loro e che, alla fine, si ostinavano a voler mettere al mondo degli infelici. La verità era confusa. La vita che noi pensiamo “normale” è quella che noi abbiamo nella nostra capoccia, frutto dei nostri ragionamenti, del fatto che di Dio non ci fidiamo. Noi siamo tutti malati, abbiamo paura, paura di morire, di soffrire ancora e quindi iniziamo tutti i nostri ragionamenti pur di salvarci la pelle. Questo ci confonde e il nemico soffia su queste paure. Come si guarisce da questa confusione? Come è guarita Chiara da questa malattia che abbiamo tutti? È guarita con l’unica medicina che ci può guarire, che è la croce. Prendere la croce non vuol dire che dobbiamo soffrire, che Dio vuole che soffriamo, no, assolutamente no. Dio non vuole che soffriamo, ed è per questo che è venuto. Io non ho mai visto Gesù Cristo che dava la malattia a qualcuno, semmai le ha tolte, o sbaglio?
La sofferenza Dio non l’ha messa nella creazione e quando c’è la sofferenza è segno che il peccato è ancora presente nel mondo. Prendere la croce vuol dire, invece, che in quella assurdità della vita, che è la croce, in quella cosa che non è “normale”, tu ci entri con Cristo e ti accorgi che Dio, Padre onnipotente, ti tira fuori, ti può rendere felice. Anche con la nascita di una figlia che vive solo mezz’ora ti può rendere felice; anche, nell’ingiustizia, ti può rendere felice. Cristo questo ci toglie, il veleno, e ci fa vedere che Dio non è come ce l’hanno dipinto, non è come ce lo stiamo immaginando. Con Chiara più o meno succedeva così: “Vediamo come mi rendi felice adesso; vediamo se sei capace di rendere felice questa figlia, vediamo se mi rendi felice”. E Chiara è morta felice, alla fine, perché Dio le aveva realizzato tutte le promesse che aveva fatto il giorno del suo matrimonio. Ognuno ha la sua croce, perché Cristo ha preso ognuno di noi personalmente, non genericamente.
Quando Chiara deve dire a Enrico che la bambina in grembo non è compatibile con la vita, dice: «Ho pensato alla Vergine Maria che doveva dare anche lei l’annuncio della nascita di questo bimbo speciale». Ecco questo fa la preghiera, non è soltanto una cosa psicologica, ma ti unisce, ti fa stare dentro a una compagnia. L’unica cosa che ci può togliere la paura non è una chiacchiera, ma è uno che ti dice “non avere paura” perché ti sta vicino, perché sta con te, perché è più forte. Per Chiara poi è stato difficilissimo col terzo figlio fare discernimento. Si poteva pensare di “salvare capra e cavoli” e anticipare il parto. Invece si era visto che era molto più probabile che se avesse portato avanti la gravidanza il figlio avrebbe corso meno rischi e sarebbe nato sano, sarebbe sopravvissuto sicuro. Piuttosto era molto meno probabile che se lei avesse cominciato prima a curarsi ora non avremmo né lei né Francesco. Le ha fatto la scelta del “più scientificamente probabile” e così adesso abbiamo sia Francesco che Chiara. C’è bisogno, quindi, nel discernimento oltre che della preghiera anche del padre spirituale, o chi per lui, che ti conferma quella verità, qualcuno che ti dice, appunto: “Questo è da Dio e questo no”. È un po’ quello che avviene tra Maria ed Elisabetta: Maria non canta il Magnificat dopo che parte l’angelo, ma quando va dalla parente che sta vivendo, più o meno, quello che stava vivendo lei e che la saluta come “la madre del mio Signore”. Questa profezia detta da Elisabetta ha confermato quella parola di Dio che Maria aveva sentito dall’angelo. Il padre spirituale, più o meno, deve avere questo ruolo, ma ciò che è importante è imparare a sentire il nostro cuore. Se un padre spirituale funziona bene non deve dire niente, deve solo confermare quello che Dio ha già detto ad ognuno nel cuore. Dobbiamo prendere confidenza, non con la pancia, con ciò che è superficiale, che è soggetto ancora alle paure, ma piuttosto con il nostro cuore, che è il luogo in cui Dio parla. Anche le catechesi sono utili, ma non bastano, perché non basta “sapere” le cose, ma bisogna che stabiliamo con Dio un rapporto personale intimo e lo Spirito Santo questo lo fa nella preghiera. Egli riversa il Suo amore e questo ci rende liberi, tanto liberi da fare delle scelte. La verità, che sta dentro ognuno di noi, è una persona, è Cristo: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Il discernimento non è vedere il bicchiere mezzo pieno, insomma, essere ottimisti perché, ad esempio è difficile vedere il lato positivo della croce, o dire a quella mamma che gli hanno ammazzato il bambino in quell’incidente assurdo: “Vedi il lato positivo”. Il discernimento non è neanche scegliere tra il bene e il male, perché una volta che hai fatto tutte le scelte giuste nella vita, magari nessuno ti si fila e la gente ti dice: “Buon per te!”, e poi vivi sempre nel terrore che magari una prossima volta la scelta sarà sbagliata. Chiara ha fatto le scelte giuste, ma questo era un effetto collaterale di una donna che si sentiva amata ed anzi ha potuto fare le scelte giuste anche perché ci sono stati momenti in cui è stata amata pur non avendo fatto le scelte giuste.
Per cui il discernimento è intendersi con Dio, entrare in una comunione sempre più grande con Dio. Chiara diceva: «Per ascoltare Dio bisogna accettare di non capire, essere disposti a soffrire, rinunciare al male e scegliere» e «amare una persona significa accettare di non capire tutto di lei, essere disposti ad essere cambiati, cioè a soffrire, rinunciare a qualcosa per lei». La scelta è, dunque, sempre una relazione nella quale io mi sento amato e sono amato. Solo questo ci dà la forza per discernere, solo questo ci permette di essere fedeli perché si è fedel non nei principi, ma si è fedeli alle persone. Siamo schiavi della paura e non ci libera nient’altro se non sentirci amati.
Con Chiara abbiamo fatto un pellegrinaggio a Medjugorje. Noi tutti eravamo convinti che saremmo andati a chiedere la grazia della guarigione per Chiara, ma lei l’aveva intuito che non era quella strada pensata per lei, per cui era lì soprattutto per noi per chiedere “la grazia di accogliere la grazia”, fosse anche quella di morire. Chiara non ha paura della morte perché questa non esiste più. «Siamo nati e non moriremo mai più» ha questo significato, perché la vita non è respirare, la vita è entrare dentro questo rapporto con Dio, dentro questo amore e quando è così non si muore più davvero.
Ecco tre domande che possono aiutarci a riflettere circa il nostro discernimento spirituale.
1. Qual è la sofferenza che non ti è andata giù in cui Dio ti ha deluso?
2. Qual è la croce a cui Dio ti chiede di dire di sì?
3. Sei sicuro di cercare veramente la vita eterna nel tuo rapporto con Dio e nel tuo cammino di fede tra tutte le vicende della vita?

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