dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
La nuova conversione di San Francesco Saverio

Di Giacomo Manzo
“Bene per me se sono stato umiliato” (Sal 119,71)
Abbiamo lasciato il nostro Francesco Saverio in Giappone, primo missionario nella storia ad essere arrivato così lontano. Francesco si trova a Kagoshima, ma la sua aspirazione massima è quella di andare a Miyako perché lì c’è l’imperatore e il suo pensiero era che se fosse riuscito ad avere il permesso di annunciare il Vangelo, ecco che avrebbe potuto con molta più facilità evangelizzare.
Francesco lasciò Kagoshima con due compagni, ma quella che stava per vivere fu certamente la più terribile avventura della sua vita. Il cammino fu
durissimo per il grande freddo e la fame.
Con le tremende nevicate le loro gambe si gonfiarono e finirono per cadere nei sentieri.
Così Francesco Saverio nel suo desiderio di annunciare l’amore di Cristo in terra giapponese si ritrovò tutto d’un colpo malvestito, miserabile e da straniero totalmente rifiutato, deriso pure dai bambini da cui era rincorso e inseguito a sassate. Si metteva a predicare, ma le risposte erano solo rifiuto, incomprensione e tante risate, soprattutto perché per i bonzi (i monaci buddhisti giapponesi) era assurdo che un uomo così malridotto si permettesse di dare indicazioni di morale e di vita spirituale.
Nel viaggio per raggiungere l’imperatore, Francesco trova la neve che gli supera il ginocchio e l’acqua dei torrenti che arrivava fino alla cintola, ma lui continuava a camminare a piedi nudi tutto il giorno fino alla notte in quelle condizioni. Una sera fu visto guardarsi i piedi completamenti gonfi e talmente sanguinanti che aveva lasciato tracce di sangue persino sulla neve. La derisione nei villaggi era continua e nessuna locanda accoglieva né lui né i suoi compagni. La forza della fede fece sì che Francesco affrontasse ogni tipo di umiliazione e la resistenza fisica fu incredibile. Chilometri e chilometri a piedi nudi, ma a lui importava solo il fatto che si stava avverando il suo sogno: andare a parlare con l’imperatore.
Tanta fatica, però, non servì a nulla, in quanto egli non poté né vedere l’imperatore né parlare con i grandi intellettuali, proprio perché era ridotto come un pezzente. Eppure Francesco non si diede per vinto e quando comprese che in una grande zona del Giappone il principe Yoshitaba contava molto più dell’imperatore, ecco che si diresse verso di lui, ma stavolta capì pure che non poteva andarci come un mendicante, ma vestito come un nobile spagnolo, praticamente come fosse un ambasciatore, portando con sé anche preziosi doni, magari sconosciuti lì in Giappone, come orologi, carillon, specchio, moschetto, occhiali, libri decorati, vasi di cristallo, dipinti a olio e bottiglie di vino di Porto.
Il principe rimase colpito dai doni e dalla loro presenza e voleva ricambiare.
Francesco non volle doni, ma il permesso di predicare con libertà la legge di Dio. Gli fu accordato facendo mettere avvisi nelle strade e offrendogli
anche l’abitazione in un monastero nel quale egli poteva predicare i comandamenti e la dottrina dell’amore cristiano.
Francesco riuscì, insomma, finalmente a cogliere la differenza culturale del Giappone e ad adattarsi. La sua esperienza fu di grande conversione. Lui stesso scrive così a S. Ignazio nel 1552: “Giammai potrei scrivere il molto che debbo a quelli del Giappone, poiché Dio nostro Signore, grazie a loro, mi ha dato una gran conoscenza delle mie infinite miserie, dato che prima, essendo preso da cose esteriori, non conoscevo i molti mali che erano in me fino a quando non mi vidi in mezzo ai travagli e ai pericoli del Giappone. Dio nostro Signore mi fece sentire chiaramente che avevo estrema necessità di chi si prendesse gran cura di me”. Ecco chi è il Missionario: un uomo che sa farsi insegnare la vita e l’amore anche dai fallimenti e dalle umiliazioni; un uomo che vive la sua conversione permanente sapendo che “tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rm 8,28).

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