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La successione

Di Pietro Battista

San Gaspare, il fondatore, durante la sua malattia, su suggerimento di don Giovanni Merlini, affidò a don Biagio Valentini l’ufficio di portare avanti il lavoro ordinario dell’Istituto. Il missionario era molto conosciuto in Roma per le sue qualità intellettuali e particolarmente per la sua oratoria avvincente.
Dopo i funerali del fondatore, il Segretario Generale invitò tutti i missionari a eleggere il successore. Non possedendo una casa a Roma e non essendo idonea la casa di Albano a ospitare tutti gli aventi diritto, don Giovanni scelse di effettuare l’elezione per lettera. Dopo aver raccolto i voti della sua comunità e quelli giunti dalle altre Comunità, li portò a Roma e li consegnò al card. Odescalchi, vicario del Papa. Il 20 gennaio 1838, fatto lo spoglio delle trenta schede, risultò eletto don Biagio Valentini, con 29 voti su trenta. Tutti furono soddisfatti del metodo usato in quella circostanza. Il 28 novembre 1838, nella casa di Albano, ebbe luogo un’assemblea straordinaria presieduta dal direttore generale don Biagio Valentini. Vi parteciparono tutti i Missionari che avevano la responsabilità del governo nelle case di Missione. Furono eletti i definitori e consultori secondo la Regola lasciata dal fondatore. In quella circostanza, don Giovanni Merlini sottopose alla decisione dei presenti due argomenti che riteneva importantissimi: l’approvazione della Regola già redatta in latino e l’introduzione del processo canonico del fondatore. Furono approvati all’unanimità.
Don Giovanni non perse tempo. Si recò dal cardinale Giustiniani, Vescovo di Albano, pregandolo di aprire i processi.
Il Cardinale accolse molto volentieri la richiesta e l’11 giugno 1840 diede inizio chiamando a deporre per primo il Vescovo di Nepi, mons. Basilici che si trattenne per un certo periodo nella Casa di Albano. Nel processo informativo furono sentiti quarantadue testimoni: di questi tre erano religiosi, ventiquattro sacerdoti e quattro vescovi. Oltre il vescovo di Nepi deposero anche i vescovi mons. Piervisani di Nocera, mons. Sillani di Terracina e mons. Vespasiani di Orvieto. All’inizio dei processi, il postulatore, card. Monti chiese al vescovo di Albano card. Giustiniani di effettuare la ricognizione del corpo del fondatore e il processo del “non culto”. I lavori, a cui partecipò personalmente il vescovo, iniziarono il 19 ottobre 1840. Compiuta l’esumazione del corpo, avendo constatata una forte infiltrazione di umidità nell’unica cassa di legno che lo conteneva, fu deciso, prima di deporlo nello stesso loculo, di aggiungere, come protezione, un’altra cassa in piombo. Alla ricognizione, oltre al vescovo di Albano, furono presenti tutti coloro che erano deputati per il processo delle virtù.
Il lavoro fu portato a termine il giorno 20. Sua eminenza il vescovo Giustiniani, dopo aver ascoltato i testimoni, redasse il decreto nel quale attestava che non vi era stata alcuna forma di culto. In quel periodo, la casa di Albano diventò punto di riferimento per tutte le case di missione. Don Giovanni personificava la tradizione dell’Istituto. Tutti consultavano lui. Lo stesso direttore generale don Biagio Valentini, che risiedeva a Roma, per molte questioni consigliava i missionari di rivolgersi a don Giovanni.
Solo lui era in grado di dare risposte precise nelle questioni riguardanti l’Istituto.
Le sue risposte riflettevano la volontà del fondatore.
In quegli anni don Giovanni Merlini consolidò le sue qualità di governo e di guida spirituale. Come uomo di governo s’impegnò a consolidare l’armonia tra i confratelli e l’osservanza della regola. Era discreto e paziente. Si interessava di tutti e di tutto rispettando la personalità di ciascuno. Quando si trattava di correggere qualcuno, lo faceva da solo a solo. Come guida spirituale aveva la dote di rasserenare gli spiriti. Molti si rivolgevano a lui per chiedere consiglio.
Prima di parlare, rifletteva e pregava.
I processi per la causa di beatificazione dovettero subire una battuta di arresto nel 1843 a causa della morte del cardinale Giustiniani, vescovo molto amato dalla comunità dei missionari. Il successore, card. Pietro Ostini, volle riprendere prima possibile il processo. Ciò avvenne il 16 maggio. Dopo la morte del fondatore, don Giovanni Merlini restò in Albano per dieci giorni presso il sepolcro del padre. Il suo impegno principale era rivolto a rileggere il progetto che Dio aveva affidato al canonico don Gaspare. Quel progetto doveva essere portato avanti nella piena fedeltà a Dio. La casa di missione di Albano diventò una residenza strategica. Accanto al sepolcro c’era la casa di formazione. Era necessario che allievi missionari dovessero assorbire il carisma autentico della fondazione.
Don Giovanni riuscì a creare l’ambiente adatto. Curò il decoro della chiesa dando la massima importanza alle liturgie.
Il missionario don Luigi Biaschelli narra che don Giovanni Merlini procurava per la casa di Albano un’abbondanza di paramenti sacri, dei quali curava personalmente la buona conservazione. Nella comunità si viveva con impegno di tutti i confratelli la vita fraterna. Il superiore era il primo a testimoniarla. Gli ospiti si rendevano conto che in quella casa si respirava un’aria di grande spiritualità. Il vescovo di Albano raccomandava ai suoi sacerdoti di fare una esperienza di vita nella casa di missione. Essendo aumentato il numero dei residenti e volendo accogliere i sacerdoti che desideravano fare esperienza missionaria, la comunità decise di prendere in affitto una parte del Palazzo Abbaziale dall’Abate Commendatario Riario Sforza. Gli ambienti più grandi furono tramezzati per accogliere più sacerdoti. Il cardinale di Albano chiese che il capitolo della cattedrale e tutti i parroci della diocesi si raccogliessero in questa casa per un corso di esercizi spirituali. Per poter accogliere tutti si fecero due turni predicati da don Nicola Santarelli. Vi partecipò anche il cardinale che occupò l’appartamento che si era riservato l’abate di Sant’Alessio quando i Gerolamini si ritirarono a Roma. In quella occasione l’abate riconsegnò la chiave. Durante i corsi degli esercizi che si tennero nel mese di agosto, i probandi furono trasferiti a Roma e i convittori a Sonnino.

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