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La svolta spirituale

Di Francesco Albertini
Riprendiamo dal nostro “triangolo della vita spirituale”, figura nella quale l’artista vive tutto il dinamismo dell’ascensione verso il vertice. Più si sale nelle sezioni superiori del triangolo e più ci si trova in tutto ciò che nobilita l’uomo, più ci si abbassa e più si impatta nella dimensione idolatrica e superficiale del mondo.
Tutta l’umanità che si trova nella sezione inferiore, compresa anche la componente religiosa, ha consegnato nelle mani degli altri uomini la sua forza vitale: il “carro dell’umanità” lo chiama Kandinskij. Per loro, anche se pensano di poter essere sicuri nel credere in qualcosa, il cielo non è altro che un vuoto.
Il problema non è tanto la religione in sé quanto piuttosto giungere ad un livello di esistenza più alto, più grande. Sono le intelligenze capaci di sintesi, dice l’autore, intelligenze che conoscono la caducità del proprio sapere, l’impossibilità di determinare certezze a partire da quello che possono conoscere oggi.
Più si sale dunque e più l’uomo si appropria di questa liberazione dal timore: quando infatti le fondamenta dell’uomo moderno, dell’uomo occidentale vengono scosse e cioè la morale, la religione e la scienza, egli non può che tornare a rivolgere lo sguardo a sé stesso, ritornare ad abitare dentro di lui, a non consegnare nelle mani altrui la propria vita.
Allora l’arte, la letteratura e la musica diventano il “luogo” per eccellenza all’interno del quale si può giungere alle soglie di questa “svolta” per l’anima, che vaga nel “triangolo spirituale”.
Nella mente e nell’esperienza di Kandinskij alcuni artisti rimangono un esempio emblematico di tale consapevolezza.
Cézanne è la ricerca fatta persona, la capacità di saper trasformare una “natura morta” in una che sia piena di vita; una semplice tazza, con i suoi pennelli, diventa un vivente che racconta, che esprime e sa muoversi nello spazio. Egli è l’interiorità pittorica che coglie la “forma interiore” delle cose. Matisse riesce a convertire la forma delle immagini a dei richiami divini: c’è del divino nelle forme e il colore, nelle mani di questo artista, diventa elemento sacrale del reale. Picasso va oltre la materialità per mezzo della materialità stessa, riesce ad arrivare all’interiore per mezzo della forma, essa rivela qualcosa che sfugge alla cappa razionalista e, quando si arriva a questo, l’aspetto cromatico può anche passare in secondo piano.
In questo senso la cosa interessante che possiamo “estrarre” dal saggio dell’artista è proprio questa bellezza nel poter argomentare ciò che istintivamente molti fruitori non sanno verbalizzare: la trascendenza del reale. L’orizzonte dell’arte contemporanea, come ha mostrato abbondantemente l’Avanguardia, ha riportato l’uomo proprio a questa essenzialità che passa tante volte nella fluidità delle forme e la semplicità dell’accostamento cromatico. Il punto dunque non è tanto la questione del gusto, ma la possibilità dello scoprire che cosa passa nell’occhio di colui che transita nelle sezioni superiori del “triangolo spirituale”.
Editoriale

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