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La via dell’amore

Di Federico Maria Rossi

In una radura di Roos, tra salsedine e brughiera, bianchi fiori punteggiano l’erba verde. Lì, giovanissimi, vengono Tolkien e sua moglie Edith, con i suoi capelli «corvini, la sua pelle chiara, i suoi occhi […] luminosi» (Lettere, n. 340, 667). In quella radura «fu concepita per la prima volta» la «storia che col tempo divenne la parte principale del Silmarillion» (ibid.). La storia di Beren e Lúthien. Beren, uomo valoroso e coraggioso, dopo aver perso il padre e tutti i compagni per mano dei crudeli servitori di Morgoth, vaga senza meta per evitare di essere catturato, torturato e ucciso dall’Oscuro Signore. Infine, giunge «d’estate tra i boschi di Neldoreth. […] Ed era di sera, nel momento in cui la luna saliva in cielo, e Lúthien danzava sull’erba sempre verde nelle radure lungo le rive dell’Esgal-duin» (Silmarillion, XIX, 204). È amore a prima vista. Un colpo di fulmine, «poiché Lúthien era la più bella di tutti i Figli di Ilùvatar» (ibid.). Agli occhi di un innamorato l’amata è sempre la più bella del mondo. E, anche se non lo è in termini assoluti, lo diventa perché l’ha scelta. Scrive Tolkien al figlio Michael: «Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono errori: nel senso che quasi certamente […] entrambi i coniugi avrebbero potuto trovare un compagno più adatto. Ma la “vera anima gemella” è quella a cui sei effettivamente sposato» (Lettere, n. 43, 83). E ancora: «Nessun uomo […] rimane fedele a sua moglie […] senza un deliberato sforzo di volontà, senza una rinuncia a sé stesso» (ibid.).
Questo è esattamente quello che fa Lúthien con Beren: non lo lascia, nemmeno quando il mondo intero sembra mettersi di traverso. Per impedire il loro amore, Thingol, padre di Lúthien, pone la condizione che Beren gli riporti uno dei silmaril, le splendide gemme intessute di luce che Morgoth aveva rubato e incastonato nella sua corona: un’impresa al di là dell’impossibile. E, non pago, mentre Beren si incammina verso una sconfitta certa, imprigiona la figlia in una dimora inaccessibile. Ma Lúthien non si scoraggia: fugge dalla prigione paterna, lascia il Paese natale e raggiunge Beren. Insieme i due vivono brevi giorni lieti, tra boschi e rifugi di fortuna, godendo della reciproca presenza.
Ma c’è un compito da portare a termine per Beren e una patria da tornare ad abitare per Lúthien. Beren decide allora di abbandonare l’elfa, per non metterla in pericolo, e parte per la sua impresa disperata.
Ma Lùthien non può stare lontano da chi ama e lo raggiunge: «Sciocco mio amore! Hai cercato di sfuggire / al mio inseguirti; di non fidarti / di una sì debole potenza; hai pensato / di salvare dall’amore chi ti ama / colei che più volentieri accoglie la tomba / e il tormento piuttosto che […] languire, [incapace di] aiutare colui / per il cui sostegno fu creato l’amore suo!» (Beren e Lúthien, 174). Insieme raggiungono Morgoth e, contro ogni speranza, gli strappano un silmaril.
Le peripezie di Beren e Lúthien ricordano quelle di Tolkien e della moglie, il cui amore, nato nell’adolescenza, è (non senza ragione) osteggiato dal tutore di lui. Tolkien deve aspettare tre anni, senza vedere Edith né scriverle, prima di raggiungere la maggior età e poter così conquistarne il cuore e la mano. Tre anni lunghi e struggenti, in cui sono forgiati i versi che Tolkien mette in bocca a Beren: «Se anche il mondo cadesse in rovina / e si dissolvesse e riprecipitasse, / disfatto, nell’antico abisso, / la sua creazione fu buona cosa, per questo: / per l’alba, il crepuscolo, per la terra, il mare; / e perché Lúthien è esistita per un poco!» (Beren e Lúthien, 173).
Allo stesso modo, «la Sapienza del Signore, non sopportando che il mondo vuoto restasse senza amore, ne fece la dimora di un uomo e di una donna. E quando vide l’uomo, vinto dal suo peccato, vagare senza meta, l’amò ancora di più e a lui si fece incontro» (cfr. P. Sequeri, Quando la Tua Sapienza). Questo è l’amore di Dio, di cui l’amore di un uomo e di una donna sono specchio luminoso. Questa è la Quaresima e questo è il Calvario: un Dio che non abbandona l’uomo, perché è «cosa molto buona», perché lo ama − e cammina con lui, nel suo deserto e nelle sue selve.

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