dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
Non avere fiducia in Dio è il peggiore dei mali

Di Giacomo Manzo
Francesco Saverio pronto alla sua ultima sfida:
dal Giappone alla Cina!!!
Francesco Saverio prosegue la sua missione in Giappone, ma si avvicina una nuova grande chiamata per la sua vita, l’ultima vocazione nella sua vocazione di missionario: la Cina! Infatti, mentre porta avanti la sua predicazione si accorge che uno degli ostacoli all’accoglienza del Vangelo derivava dal fatto che il buddismo giapponese proveniva dalla Cina e che suscitava così molta perplessità che i saggi cinesi ignorassero del tutto la dottrina cristiana di cui parlava Francesco. Insomma, per dirla in breve, Francesco capì che se voleva davvero aprire la strada del Vangelo in Giappone, bisognava per prima cosa aprire questa stessa strada in Cina.
Francesco Saverio lasciò così definitivamente il Giappone con una comunità di circa 500 cristiani, ma il seme era ormai gettato e di lì a poco i cristiani sarebbero cresciuti fino a oltre 300 mila.
Francesco si reca così in India per riorganizzare la sempre più grande Provincia dei Gesuiti dell’Est, con tutte le nuove e necessarie nomine dei superiori, e poi si dirige a Malacca, e da lì il suo sguardo va ancora oltre, appunto alla Cina. Così scrive al suo confratello Ignazio di Loyola il
9 aprile del 1552: «Da qui a sei giorni con l’aiuto e il favore di Dio Nostro Signore, andiamo tre della Compagnia, due padri e un laico, alla corte del re della Cina che è vicina al Giappone, terra oltre ogni dire grandissima e popolata di gente molto ingegnosa. per la notizia che ne ho, si danno molto alle lettere e quegli che è più letterato è più nobile e ha maggior pregio. Ogni generazione di sètte che sono in Giappone ebbe origine dalla
Cina». Insomma, ormai l’infaticabile missionario si è messo in testa di andare dal re della Cina, portando con sé il suo trattato sul cristianesimo scritto coi caratteri cinesi. Ma si tratta dell’ennesima impresa impossibile. Infatti, la Cina era allora un Paese ermeticamente chiuso all’esterno, proibito sotto pena di morte a qualsiasi straniero vi mettesse piede tanto che le carceri di Canton erano piene di portoghesi che avevano trasgredito quell’ordine.
Pensate che tutte queste difficoltà lo avrebbero fatto tornare indietro? Ovviamente no! Francesco cerca di utilizzare il diploma del Viceré del Portogallo che nominava Diego Pereira ambasciatore del Portogallo in Cina.
Una trovata geniale perché ad una tale ambasciata sicuramente sarebbe stato concesso l’ingresso a Canton, in Cina.
In cambio per il Portogallo si aprivano nuovi ed ampi spazi di commercio.
Così il Giovedì Santo del 1552 salutò la comunità indiana di Goa con grande commozione. Salendo sulla nave sicuramente ripensò alla sua vita, ai compagni gesuiti della prima ora, Ignazio, Pietro, Simone e così certamente ripensò anche al primo viaggio in India ed ora ecco l’ultima avventura. Scrive ad Ignazio da Goa: «La voce dell’obbedienza rende tutto questo facile. Tutti mi assicurano fermamente che dalla Cina si può andare a Gerusalemme. Se io troverò che è vero, vi scriverò quante miglia ci sono e quanti mesi dura il viaggio». Ad Ignazio, Francesco si firma come «il vostro minimo figlio e più lontano esiliato».
Aspettando di entrare in Cina, scrive al padre Francesco Pérez, in Malacca: «il non avere adesso più fiducia nella Sua misericordia e potenza per via dei pericoli in cui ci possiamo trovare a causa del Suo servizio (mentre se Egli è meglio servito ci salverà dai pericoli di questa vita) è un rischio assai maggiore di quanto non lo siano i mali che ci possono fare i nemici di Dio: infatti, senza la licenza e il permesso divino, i demoni e i loro ministri non ci potranno ostacolare in alcun modo…».
Nel duello tra Dio e il diavolo, Francesco ha la certezza che la vittoria sarà sempre di Dio. Da qui la lettura spirituale della sua ultima missione e la consapevolezza della grande battaglia. Infatti, «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31). Insomma Francesco è pronto per la sua ultima sfida!

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