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“Pace” significa veramente “pace” oppure altro?

Di Domenico Barbati
In questo periodo di Covid, durante il quale le relazioni tra gli uomini si sono fatte difficili e rare, Γ¨ diventata sempre piΓΉ frequente la riflessione personale che ha prodotto la possibilitΓ di elaborare varie tematiche. Un tema spesso proclamato, gridato, auspicato Γ¨ quello della pace. Ma i focolai di contrapposizione in seno alle famiglie tra i vari componenti, in seno ai partiti o a formazioni politiche, tra le file dei vari movimenti, nellβambito di gruppi impegnati e associazioni cristiane, rendono difficile la realizzazione di una cultura della pace. Non Γ¨ pace lβassenza di odio, di mano armata, di guerra. Sono tanti i modi con cui, nellβattuale nostra cultura, si attenta alla costruzione della pace.
Lβattuale legge economica Γ¨: produrre, produrre, produrre sempre di piΓΉ, per vendere sempre di piΓΉ. Quando ci fermeremo? Quando cominceremo a capire che il problema sta qui: fino a quando i tre quarti dellβumanitΓ si trovano in situazione di bisogno e soltanto un quarto possiede quasi tutte le ricchezze della terra, la pace non ci sarΓ mai.
Lo scrittore russo Aleksandr SolΕΎenicyn una volta disse: Β«I tipi di coercizione piΓΉ pericolosi per la pace sono quelli che agiscono senza missili nucleari, senza flotte e senza aviazione, e sono tanto larvati che si potrebbero quasi scambiare per tradizioni e usanze abitualiβ¦ Per ottenere pace autentica, Γ¨ necessario che la lotta contro le forme invisibili, larvate, di violenza sia condotta con la stessa decisione con cui se ne combattono le forme clamoroseβ¦ Lβimpegno Γ¨ quello di cancellare dagli uomini lβidea che qualcuno possa avere il diritto di usare violenza contro il diritto e la giustizia.
Non si serve la causa della pace se ci si abbandona alla benignitΓ di coloro che usano la violenza: la pace Γ¨ favorita da colui che integralmente, decisamente e instancabilmente difende il diritto dei perseguitati, degli oppressi, degli assassinatiΒ».
Il Vangelo Γ¨ certamente annuncio di pace, ma intanto si assiste al fiorire di una teologia della guerra o alla legittimazione di una certa violenza. Purtroppo il cristiano, definito da Tertulliano Β«uno che lavora per la vitaΒ» non trova oggi nella mentalitΓ comune un riferimento chiaro alla cultura della pace. Ho letto questo pensiero di Nikolaj Berdjaev: Β«Il pane per me stesso Γ¨ una questione materiale; il pane per il mio vicino Γ¨ una questione spiritualeΒ». Per cui una spiritualitΓ della pace significa appunto cercare il pane per il proprio vicino e questo Γ¨ un dono che va chiesto a Dio perchΓ© Γ¨ qualcosa che lβuomo non puΓ² darsi da se stesso. Β«SignoreΒ» β pregava il card. Roger Etchegaray β Β«dammi lβaccortezza di spiegare bene che la pace non Γ¨ cosΓ¬ semplice come immagina il cuore, ma piΓΉ semplice di quanto crede la ragioneΒ». La cultura della pace si costruisce sullβassimilazione dei concetti sulla mitezza, sulla non-violenza attiva, sulla povertΓ come metodo, sul servizio, sulla partenza dagli ultimi, sul perdono, sul disarmo, sul silenzio β non un silenzio stampa, non un silenzio prudenziale, ma un silenzio che al momento opportuno esplode in audacia profetica, un silenzio incontenibile che non imbavaglia la veritΓ , non ha paura di dispiacere ai potenti, non sterilizza il linguaggio per tenere buoni gli abitanti del palazzo. Inoltre la cultura della pace si costruisce sul ruvido tavolo del falegname, sul desco del contadino, sulla cattedra dellβinsegnante, sulla scrivania dellβimpiegato, sullo scranno dello scolaro, sulla mensola della casalinga, sullβimpalcatura del metalmeccanico, su ogni banco dove si consumano le oscure fatiche giornaliere. Infine non Γ¨ fuori posto affermare che il vento della pace scuote sia i vertici dei potenti che le bassure degli anonimi cittadini. Un saggio diceva che se avesse avuto per un attimo lβonnipotenza di Dio, lβunico miracolo che avrebbe fatto sarebbe stato quello di ridare alle parole il senso originario per il motivo che oggi le parole sono diventate cosΓ¬ multiuso che non puoi piΓΉ giurare sullβidea che esse significano quello che abbiamo sempre pensato.
Ogni cristiano, ogni essere umano deve sentirsi autorizzato a levare fortemente la propria voce contro la guerra, contro ogni guerra, usata come mezzo per risolvere i diversi conflitti; deve far entrare nella propria coscienza tutte le strategie della non violenza, che non Γ¨ passivitΓ , ma βnon-violenza attivaβ; deve avere il coraggio di esporsi con lβobiezione di coscienza, non trascurando la preghiera, strumento privilegiato di ogni dinamismo di pace, ricordando che la forza dellβimplorazione e la perseveranza dei contemplativi non conta meno del lavoro e dellβabilitΓ dei politici.
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