Primavera Missionaria News. Dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
Più carità e meno scienza, più missione e meno affari!

Di Giacomo Manzo
Francesco Saverio lo grida a squarciagola
come un pazzo!
In questa quarta puntata del nostro percorso per la conoscenza del più grande missionario della storia, San Francesco Saverio, patrono anche dei Missionari del Preziosissimo Sangue, per volontà dello stesso San Gaspare del Bufalo, troviamo il nostro sacerdote ormai finalmente approdato, dopo 13 mesi di viaggio, in india nella capitale portoghese, la città di Goa. i portoghesi ovviamente avevano colonizzato soprattutto la costa per poter realizzare meglio il loro mercato, soprattutto di spezie, verso l’occidente. Ma evidentemente la conquista era stata realizzata con metodi assai crudeli anche per tenere sotto lo scacco della paura le popolazioni del posto.
Francesco Saverio comincia con le tre forme di carità in cui la chiesa si è sempre contraddistinta nella storia: ospedali, carceri e scuole. ovviamente comincia a modo suo, con la radicalità che lo contraddistingue! Per stare vicino ai malati nell’ospedale costruito dai portoghesi dormiva a terra accanto al loro letto per poter essere pronto ad ogni bisogno. La domenica passava invece a celebrare la messa anche dai lebbrosi, che lui chiamerà “ottimi e fedelissimi amici”. i pomeriggi invece andava a visitare i carcerati le cui condizioni igieniche erano pessime, ma non lo spaventava nessuna paura di contagi e di minacce.
Poi aprì anche una scuola e si metteva ad andare in giro per le strade e le piazze gridando a tutti, piccoli e grandi, che potevano venire ad istruirsi, ad imparare a leggere e scrivere. l’aspetto più entusiasmante era quello del catechismo ai bambini a cui dedicava molto tempo per cercare di spiegare nel modo più semplice la dottrina cristiana servendosi di filastrocche e canzoncine da lui stesso inventate.
Dopo cinque mesi, però, si deve spostare a Capo Comorin per prendersi cura dei cosiddetti paravas (paraveri), una tribù indigena che era dedita alla pesca di ostriche perlifere. Per molto tempo si è detto che il nostro Francesco Saverio avesse il dono delle lingue e che, dunque, per questo riusciva ad essere un missionario in tutte le terre più inimmaginabili.
Ma non è così. Francesco si serviva di traduttori e collaboratori. ancora una volta, dunque, si può vedere che la sfida missionaria non dipende in primo luogo dalle nostre qualità e competenze. Volete sapere quali erano le sue condizioni tra i paraveri? era una persona in terra straniera che non conosceva la lingua locale e si serviva di tre indigeni che conoscevano pure il portoghese. Dunque era solo e il mangiare era scarso, si spostava spesso nei vari villaggi con le temperature tipiche della zona, che sono molto estreme cioè o di forte sole o di piogge torrenziali. Ma attenzione: le sue notti se ne andavano completamente nella preghiera e nel rapporto col Signore. Così il giorno dopo si racconta che la sua persona sembrava emanare il fuoco con un lavoro apostolico instancabile pieno di zelo di carità e di dedizione a tutti. La gente si affascinava ed era attratta da questo prete tutto speciale. C’erano le file a farsi battezzare e a chiedere continuamente di imparare le preghiere cristiane.
Il suo lavoro è stato così prezioso che da allora in quelle zone, per tutti questi circa 500 anni, abbiamo avuto le più forti e vivaci comunità cristiane. a questo proposito è rimasta famosa una lettera scritta a Sant’ignazio e ai gesuiti di roma il 15 gennaio 1544 in cui, come un nuovo San
Paolo, Francesco Saverio grida la necessità e il bisogno urgente della missione proprio mentre troppi preti si perdono tra le università e i ruoli principeschi. in queste parole troviamo in pratica la chiara equazione che la Chiesa o è missionaria o non è! Ma ascoltiamo e meditiamo le sue parole:
“Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani. Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d’Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all’inferno! Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della scienza e dei talenti ricevuti! In verità moltissimi di costoro, turbati da questo pensiero, dandosi alla meditazione delle cose divine, si disporrebbero ad ascoltare quanto il Signore dice al loro cuore, e, messe da parte le loro brame e gli affari umani, si metterebbero totalmente a disposizione della volontà di Dio”.
Quante lezioni in queste parole per tutti noi, sacerdoti, laici, religiosi e famiglie. San Francesco Saverio grida come un pazzo per scuoterci tutte le volte che mettiamo la scienza sopra la carità. Ciò che più conta è portare l’amore di Cristo ai lontani. Certo non è detto che si debba andare in india, perché di lontani dalla fede ce ne sono anche molti vicini a noi. Ma ciò che veramente è urgente è prendersi cura e testimoniare l’amore di Dio verso coloro che ne hanno bisogno e che non conoscono la straordinaria carezza di Gesù Cristo e la bellezza di
far parte della Chiesa. Ciascuno valuti le sue giornate. Quanto tempo stai con chi è più lontano dalla fede? Quelle sono le periferie a cui ci invita ad andare anche un altro gesuita dei tempi di oggi, il nostro Papa Francesco. lasciamoci convertire da questo zelo missionario.
San Francesco Saverio prega per noi.
Editoriale

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