dal 1953 la voce di San Gaspare nel mondo
San Francesco Saverio e gli Esercizi Spirituali

Di Giacomo Manzo
come modello per San Gaspare e i suoi
Eccoci alla sesta puntata del nostro percorso per la conoscenza del più grande missionario della storia, San Francesco Saverio. Fu uno degli ultimi tra i primi «compagni» di Ignazio a fare con lui gli Esercizi Spirituali. Li fece nel settembre 1534 nelle rive della Senna, in un luogo solitario e molto bello. Ignazio lasciò che Dio portasse avanti il suo capolavoro con il giovane Francesco. Siamo nei primi anni della sua conversione per cui egli si lancia anche in forti penitenze. Lui, che era tanto vanitoso per essere atletico e bravissimo saltatore, decise per contrappeso di legarsi addirittura le mani e le gambe. Insomma nel mese ignaziano di Esercizi combatté per la purificazione dalle sue affezioni disordinate. Ne uscì come un uomo nuovo, sempre allegro e molto abile agli occhi esterni, ma ora anche con un fuoco radioso che davvero illuminava il suo viso. Il libro degli Esercizi Spirituali lo guiderà praticamente per tutta la sua vita facendone sempre un uomo di grande e profonda preghiera, anche e soprattutto nei suoi paesi di missione tra l’India e il Giappone.
Per questo San Gaspare introducendo il Metodo per gli Esercizi Spirituali dei Missionari del Preziosissimo Sangue parla proprio dell’«Apostolo delle Indie» San Francesco Saverio citando la sua lettera a P. Gaspare Barzeo in cui scrisse di non trascurare mai «la pratica degli Spirituali Esercizi in ogni anno». Per San Gaspare gli Esercizi servono per rivedere «i libri della nostra coscienza» e quindi prepararsi a offrire ciò che si è ricevuto in dono.
Per questo si fanno nella solitudine – dice San Gaspare – «per ascoltare la voce di Dio». È tanto forte la devozione a questo modello che San Gaspare invitava a leggere durante i pasti la stessa vita del Saverio, quella che vi stiamo raccontando in queste puntate, oppure le sue lettere scritte. Si raccomanda anche l’invocazione dello Spirito Santo che era tanto frequente nelle giornate di San Francesco Saverio ed inoltre ogni missionario doveva come aver «stampato nel cuore il detto» famoso di questo santo patrono: «Si paralizzi la mia destra, se ti dimentico, o Compagnia di Gesù» (cfr. Sal 136/137, 5). Quindi personalizzato per tutti i Missionari, suonerebbe così: «Si paralizzi la mia destra, se ti dimentico, o Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue!».
La spiritualità apostolica di Francesco Saverio e di Gaspare del Bufalo unisce l’azione e la spiritualità. I testimoni dicono che Francesco dormiva poco, tre o quattro ore al giorno, pregava lunghe ore di notte e faticava durante la lunga giornata.
Come si può pregare così tanto dopo una giornata così stancante? Ma questa domanda è sbagliata.
Quando si sono vissuti ed interiorizzati gli Esercizi, si arriva a formulare diversamente la domanda che allora suona così: «Come si può lavorare tanto e darsi disinteressatamente al prossimo se non si ha una unione profonda con Dio?». Il motivo principale per andare verso le terre nuove per Francesco era unicamente l’amore per Dio e la Compagnia in cui l’ha posto. C’è un sonetto attribuito falsamente a Francesco Saverio, ma che ne raccoglie bene il suo spirito.
«Non mi spinge, Signore, ad amarti il cielo che mi hai promesso e non mi spinge l’inferno tanto temuto ad impedirmi di offenderti.
Tu mi spingi, Signore; mi spinge vederti inchiodato a una croce e schernito.
Mi spinge la vista del tuo corpo tanto piagato; mi spingono i tuoi patimenti e la tua morte.
Mi spinge, infine, il tuo amore, e in questo modo, anche se non ci fosse il cielo, ti amerei, e anche se non ci fosse l’inferno, ti temererei.
Non mi devi nulla perché io ti ami; poiché anche se non dovessi attendermi ciò che mi attendo, Ti amerei tanto quanto ti amo».
Questo è stato chiamato «l’affetto dell’anima che ama di San Francesco Saverio» (affectus amantis animae S. Francisci Xavirii). È l’amore per amore, ossia quando ti amo non per l’amore del cielo, né per il timore dell’inferno, ma perché tu sei tu.
Dalla testa al cuore: ecco i 25 centimetri che il pellegrino interiore Francesco Saverio ha percorso oltre agli 80mila chilometri percorsi, invece, come missionario in terre lontane. Non sono, però, quelli di certo meno importanti di questi ultimi, anzi ne sono – direbbe Ignazio – «principio e fondamento».
Senza quei 25 centimetri non ci sarebbero stati neanche gli 80mila chilometri.

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