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Verso la croce, ed oltre…

Di Nicola Antonio Perone

Verso la croce ed oltre

Β«Mi dice che ha mandato via quelle che non vedeva adattate, e la fortezza usata. Sta bene. E questo solo ho voluto ricordare a lei ed alle altre come cosa da badarci oggi un poco piΓΉ, data la moltitudine delle richieste; e l’averlo ricordato Γ¨ stata cosa buona, non Γ¨ vero? Ma non porta la conseguenza che non mi fido.
Ridiamo un poco a gloria di Dio oggi che Γ¨ un giorno di trionfo e di gloria per il nostro GesΓΉ, dopo tante umiliazioni e pene risorto. Coraggio e buona Pasqua a lei. Non so se nei dettagli che le faccio per levargli la tentazione e per spiegarmi, le giovino o gli faccino peggio […].
Quando Iddio non la vuol piΓΉ a regger l’opera se la prenderΓ  in Paradiso, dove sta preparato il posto e che si va mobiliando con i travagli le umiliazioni dispiaceri ecc. ed oh quanto vien bene! Ringrazi Iddio che fa solo cose mirabiliΒ»
(Cfr. G. Merlini, Lettere a Maria de Mattias, vol. I, n. 85, p. 173-4)

In questa lettera scritta in occasione del sabato santo del 1856, precisamente il 22 marzo, don Giovanni coglie l’occasione degli auguri pasquali per riaccendere in Maria la gioia e la speranza della Resurrezione in un periodo non semplice del suo ministero.
Assistiamo infatti ad un episodio molto delicato per la vita di qualsiasi superiore di una comunitΓ , e cioΓ¨ l’allontanamento di alcuni aspiranti membri reputati poco idonei alla vita di consacrazione dell’Istituto. Maria infatti dovette mandar via dalla casa di formazione molte novizie, prendendo spesso posizione in modo forte dinanzi all’opposizione di alcune consorelle le quali non condividevano le sue decisioni. Mentre infatti oggi si parla di crisi, calo, se non addirittura assenza di vocazioni, le parole del Merlini ci mostrano invece un gran numero di ragazze che all’epoca desideravano aderire al nuovo ordine religioso fondato dalla de Mattias, spesso perΓ² spinte troppo da evanescenti entusiasmi che da un radicato desiderio di sequela Christi.
Dinanzi dunque allo scoraggiamento di Maria e al senso di solitudine e di incomprensione dovuto a quello che le appariva come un grande fallimento, Giovanni Merlini la invita invece a farsi coraggio contemplando il trionfo e la gloria del Cristo Risorto. È infatti solo la luce della Resurrezione che può redimere e dar senso a tutto ciò che agli occhi del mondo appare incomprensibile e demoralizzante, annebbiando anche ai nostri occhi spesso offuscati dal troppo dolore e dalla solitudine.
Interessante Γ¨ inoltre la preoccupazione di don Giovanni, il quale teme che i suoi suggerimenti possano essere travisati e non recare aiuto a Maria. Lei infatti potrebbe fraintendere le parole del suo direttore spirituale, sentendosi incompresa anche da lui il quale sembra minimizzare o non capire il peso delle sue preoccupazioni. Il Merlini invece Γ¨ ben cosciente delle gravose responsabilitΓ  che pesano sulle spalle della De Mattias e il suo invito a guardare oltre la croce, sino alla gioia della Resurrezione, non Γ¨ uno sminuire o non voler dare il giusto peso alle sue problematiche.
I travagli, le umiliazioni e i dispiaceri della santa restano tali, non vengono addolciti o taciuti da don Giovanni. Il ricordo della Pasqua, e dunque della vita da figli risorti che attende tutti noi in paradiso, non Γ¨ certamente un rimedio palliativo e superficiale atto a cancellare il vociare delle consorelle, le loro opposizioni e il senso di abbandono provato da Maria.
La luce pasquale viene piuttosto a ribaltare il punto di vista, nostro e della santa, divenendo il collirio che il Cristo apocalittico offre alla Chiesa di Laodicea per poterlo vedere ed incontrare anche laddove sembra essere assente, anche lassΓΉ sulla croce. Don Giovanni dunque incoraggia Maria, ed anche noi oggi, a ritornare a Dio con tutto il cuore, approfittando degli ultimi giorni quaresimali per consegnare a lui ogni affanno, sofferenza e preoccupazione, certi che sarΓ  proprio a partire da questi che il Signore farΓ  cose mirabili nella nostra vita, edificando con il duro legno delle croci odierne il nostro seggio regale sul quale siederemo da risorti nel regno dei figli di Dio.

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