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Vie diverse , un cuore solo

Di Federico Maria Rossi
Quanti modi di pregare ci sono? E quanti modi per “dire la stessa cosa”? Tanti, ovvio: basta pensare ai salmi, preghiere che si declinano in 150 modi diversi, per salire a Dio da ogni tempo, da ogni situazione, da ogni cuore. Eppure la risposta alla domanda iniziale è forse meno scontata di quanto ci si potrebbe aspettare. Mentre preparavo questo articolo (confesso, all’inizio avevo un’idea diversa, ma non ve la rivelo: la tengo per la prossima volta), mi sono imbattuto in quattro diversi Gloria nella mia libreria: quello della Missa Sancti Joannis Nepomuceni (1772) di Michael Haydn, quello della Messa dell’incoronazione (1779) di Wolfgang Amadeus Mozart, quello della Messa della concordia (2006) del Gen Verde e quello della Mass of Christ the Savior (2007) di Dan Schutte. Quattro Gloria, due del Settecento, due del XXI secolo. Quattro modi diversi di pregare le stesse parole, di innalzare a Dio un canto di lode e di ammirazione. Ma che bisogno c’è di tutta questa diversità? Il Gloria è quello, le parole sono quelle, la “Messa è quella”: perché allora questo florilegio di composizioni diverse?
Lo spiega, con il suo stile alto, Pierangelo Sequeri, introducendo gli spartiti della Messa della concordia, a cui ha contribuito con musica e testi: «La partecipazione liturgica viva e fruttuosa — “devota”, nella lingua classica della spiritualità popolare cristiana — restituisce sincerità di ascolto e di partecipazione anche mediante la disposizione ad armonizzare la fede ecclesiale con “parole proprie”. Fra noi umani, l’esortazione del Maestro, che ci invita a dire con “parole nostre” ciò che abbiamo appreso, è un incoraggiamento a restituire, insieme con la fedeltà di ciò che si è assimilato, anche la fresca evidenza della sua intima appropriazione». Quando qualcuno vive appieno la liturgia, quindi, non può, “in qualche modo”, non farla propria, metterci del suo. Nella maggior parte dei casi, allora, può essere “solo” un modo vivo e attento di partecipare alle celebrazioni — in altri casi, secondo l’estro e i doni che il Signore fa a ciascuno di noi, questa “intima appropriazione” e questa “partecipazione a parole proprie” si esprimono nella composizione di musica nuova per un testo antico.
E non è un esercizio sterile, ma come un vestito nuovo fa splendere un volto familiare e ce lo presenta luminoso, come fosse la prima volta, così una melodia nuova può aiutarci a vivere la liturgia in modo fresco e più partecipe. E questo è un dono che un individuo fa alla comunità: come la voce del lettore nell’Eucaristia si fa Parola di Dio per tutta l’assemblea, come le preghiere di ogni fedele diventano voce unica di una comunità, così una partitura si fa armonia di tanti, accordo di molti cuori in una sola preghiera.
Mozart trasforma la frustrazione di 18 mesi infruttuosi nella gioia dei temi della Messa dell’incoronazione; Haydn, nell’amicizia con Mozart, pone il suo umile servizio alla lode di San Giovanni Nepomuceno; Dan Schutte cerca di comporre una Messa “flessibile abbastanza da poter essere suonata in contesti diversi”; infine il Gen Verde celebra il “duplice dono” della “fraternità del Figlio” e “dell’armonia del canto e della musica, che la tradizione cristiana ha sempre considerato parte integrante della corale celebrazione della fede”. Desideri diversi, ma che tendono tutti a dare Gloria a Dio e a intenerire i fratelli.
E i desideri dei singoli compositori si intrecciano con le vite dei fedeli, di chi prega e ascolta: la Messa di Hadyn è per me legata alla prima Pasqua che ho trascorso in Germania; quella di Mozart a papà, che me l’ha fatta scoprire; il Gloria di Dan Schutte alla comunità internazionale di Heidelberg; la Messa della concordia alla mia ordinazione presbiterale. E così note e parole, vita e preghiera si fondono e si rimandano le une le altre: «La cura musicale e la fraternità credente che hanno generato [queste Messe] si offrono con il desiderio di concorrere alla gioia e all’intensità di un comune sentire della celebrazione. Nella concordia i credenti “spezzano il pane” e “sono assidui nella preghiera”. Questa musica non ha altra destinazione. È per la concordia».
Gloria di M. Haydn, W.A. Mozart, Gen Verde, Dan Schutte
La preghiera è una, ma le situazioni in cui il fedele si trova a pregare sono molte: questi quattro Gloria, di epoche e compositori diversi, sono un assaggio della concordia e della comunione con cui la Chiesa unisce i molti — con le loro sensibilità, preoccupazioni, attese e speranze — in un cuore solo e un’anima sola.
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